sabato 29 aprile 2017

Ancora su Dino Carlesi, intellettuale aperto al confronto.

Qualcuno potrebbe chiedersi perchè tutto questo interesse per Dino Carlesi da parte dell'Amministrazione comunale di Pontedera ed in particolare della Biblioteca Gronchi.
Ovviamente non posso rispondere per l'Amministrazione comunale, ma per la Biblioteca sento il dovere di farlo.
E comincio evidenziando che c'è stato un legame profondo che ha collegato Dino alle vicende della biblioteca comunale, da quando quest'ultima era una piccola struttura, poco più di una stanza, posta nel palazzo comunale, poi trasferita nella Villa Comunale.
Dino è stato uno dei pontederesi che nella Biblioteca comunale ha creduto, l'ha animata, si è reso disponibile a partecipare a dibattiti e discussioni nei suoi spazi. Ha sostenuto e difeso un'idea di cultura partecipata; una cultura che vedeva nell'incontro e nel confronto un momento essenziale della vita cittadina. Un confronto anche animato, polemico, aspro, ma sostenuto a viso aperto e con fini espliciti: conquistare e mantenere una certa egemonia culturale sulla città. Un confronto che aveva bisogno di spazi pubblici, anche informali e meno ingessati del palazzo comunale, per esprimersi. E la biblioteca comunale era, quasi naturalmente e fino dai tempi del Circolo culturale negli anni '50, uno dei luoghi privilegiati di questo incontro e di questo confronto.
Da questo punto di vista Dino Carlesi è stato un bell'esempio di intellettuale che ha cercato di animare quello che fino a una ventina di anni fa si chiamava il dibattito culturale in città e a questo dibattito ha partecipato da protagonista, certo con quel tanto di narcisismo che lo caratterizzava, ma contribuendo a tenere sempre alto il livello della discussione pubblica. Un livello che, lo dico senza polemica, oggi ci manca.
Certo bisogna anche precisare che Dino non era il solo ad animare quel dibattito. Altri pontederesi discutevano appassionatamente con lui. Ma la sua voce forte, dal timbro inconfondibile, si sentiva e arrivava al pubblico, anche per la veemenza e l'ironia che metteva nel pronunciare le sue parole e per il valore delle idee che sosteneva. Idee sempre animate da un profondo senso civico e tanto impegno.
Ed è anche in ragione di questo senso civico che Dino, alla fine della sua vita, ha voluto donare alla Biblioteca tutto il suo patrimonio librario e la sua documentazione archivistica.
Purtroppo sui suoi libri, lo dico con rammarico, abbiamo lavorato ancora poco. Abbiamo messo al pubblico solo una piccola selezione dei suoi testi suoi e di altri autori da lui posseduti. E francamente mi è difficile dire in quali tempi e in che modo riusciremo a lavorare il resto del suo materiale librario (si tratta di circa 10.000 volumi). Il personale della biblioteca Gronchi è infatti affogato dalla gestione dei compiti ordinari ed è pressato da un pubblico che ogni giorni, dico io per fortuna, viene e ci assedia (con domande e richieste) e non ci lascia tempo per lavori specialistici (che richiedono calma e concentrazione) come è il trattamento di migliaia e migliaia di volumi da controllare uno per uno per valutarne specificità e inseribilità nelle collezioni.
Invece sulla sua documentazione d'archivio (i suoi scritti, i suoi appunti, la sua corrispondenza, ecc.), lì siamo più fortunati. Ma questo perchè su questo percorso abbiamo incontrato l'Associazione Crescere Insieme. Così, grazie al lavoro di 4 o 5 volontarie, si sta portando avanti una lenta ma continua descrizione delle carte ed un riordinamento dei documenti, tutto materiale che, a richiesta, può già essere consultato. Cosa che in effetti sta già accadendo.
Presumo che ci vorranno ancora un paio di anni, ma tra il 2019 e il 2020 il fondo documentario Carlesi potrebbe essere interamente descritto e quindi utilizzabile dai ricercatori. Su questi obiettivi certamente la biblioteca e i volontari di Crescere Insieme continueranno ad impegnarsi.
Naturalmente Dino Carlesi merita di essere studiato, letto e proposto alla lettura, ai meno giovani e anche ai giovani. Su questa strada la Biblioteca intende avvalersi di tutti coloro che sono interessati come noi, a valorizzare l'opera di Carlesi e sono disposti a studiarlo e a scriverne. Tra questi c'è sicuramente Floriano Romboli, che Dino continua a leggere e ad analizzare. Criticamente. E con amore.  A lui va tutto il mio ringraziamento personale e quello della Biblioteca.
E poi c'è Luciano Fusi, un poeta che legge ed interpreta un altro poeta. Grazie alla sua lettura e a quella della sua compagna, Cinzia Bellandi, le parole di Dino tornano a vibrare e a commuoverci. e anche di questo non possiamo che essere grati, perchè è un bel modo per tenere viva la memoria, le idee, le riflessioni di Dino: un poeta della ragione.
Della figura di Dino racconta anche un bel numero che gli ha dedicato lo scorso anno la rivista il Grandevetro, che ha pubblicato una ventina di testimonianze raccolte dalla Biblioteca nella giornata del 28 novembre del 2015, a cinque anni dalla sua scomparsa.
Concludo dicendo che speravo e spero tuttora che attorno alla figura di Dino possa costituirsi un gruppo di persone interessato a coltivarne non solo la memoria, ma lo spirito culturale, il desiderio del confronto, la passione per i dibattito pubblico. Un dibattito aperto e che si svolga in sedi fisicamente accessibili a tutti. Un dibattito non solo virtuale, insomma. Dico questo anche se, man mano che passa il tempo, mi pare sempre più evidente quanto sia difficile ritessere le maglie di un vero dibattito culturale cittadino, anche in un piccolo paese come Pontedera, dove una forte discussione c'è stata ed ha caratterizzato il primo trentennio del secondo dopoguerra. Ma dove oggi, come direbbero i greci, soprattutto si balbetta e spesso ci si offende.
Da questo punto di vista mi piace credere che la nuova frequentatissima Biblioteca Gronchi rappresenti una specie di evoluzione "moderna" del dibattito pubblico a cui facevo riferimento prima. E ciò in quanto la Biblioteca è diventata sicuramente il luogo culturale più aperto, più enciclopedico, più plurale e più utilizzato di Pontedera. Un luogo aperto davvero a tutti. Dai neonati agli ultraottantenni, ai residenti appartenenti alle 100 lingue ed etnie presenti in città.
Credo che Dino Carlesi sarebbe molto contento del lavoro che sta svolgendo questa Biblioteca e forse, come tanti pontederesi, si meraviglierebbe anche un po' degli altissimi livelli di frequentazione e di uso di questi spazi che da tre anni stiamo registrando.
Ma se siamo qui, se Pontedera ha questa grande Biblioteca, credo che sia merito anche del lavoro svolto in passato da intellettuali come Carlesi che nell'impegno culturale hanno sempre creduto e che quindi costituiscono un esempio da imitare e da portare avanti.





Le vie della cultura. Dismissione creativa e riuso dei contenitori urbani

Martedi 2 maggio, alle ore 17,30, presso la bancarella incoop, nella galleria di via Brigate Partigiane, zona stazione, si terrà una interessante presentazione degli edifici che la città di Pontedera ha riconvertito o sta riconvertendo con finalità esplicitamente culturali. 
Si tratta di un fenomeno che avvicina Pontedera ad altra centri importanti in cui il ridimensionamento del settore manifatturiero e commerciale e gli spostamenti dei servizi lasciano sempre più edifici vuoti e inutilizzati. 
Su questi spazi tende oggi a rivolgersi una domanda di cultura, che ovviamente produce cambiamenti nelle stesse dinamiche urbane. 
Di questo parleranno nella galleria della Incoop (Quartiere Stazione) le architette Simonetta Boldrini e Chiara Ceccarelli, introdotte da Michele Quirici che della storia di Pontedera e delle sue mille anime, luoghi ed edifici è conoscitore, esperto e narratore.
L'incontro è stato organizzato con la collaborazione con FAB-TEN, l'associazione Industria della idee, l'associazione culturale Olifante, la Biblio Gronchi e la Rete Bibliolandia che alimenta, con le donazioni librarie, anche la bancarella dei libri usati.



Passeggiata a mare / Maria Velia Lorenzi Bellani (Carmignani editore, 2017).

Scrittura piana e fluida, pennellate che scorrono bene sulla tela, poche sorprese e nessun graffio. Tutto corre sul filo della memoria, del ricordo, con un sentimento acuto e una nostalgia controllata per ciò che poteva essere e invece non è stato. I racconti sono pervasi da un senso di rinuncia (Tecla) e a tratti di delusione. Ma senza drammi. Come se le cose non potessero andare che in una certa maniera. Eppure alcuni dei personaggi dei racconti si interrogano sul senso delle cose e della vita. Ma senza affanno. I racconti sono quasi tutti declinati al femminile e abbracciano un periodo che va dalla guerra a oggi, o quasi. Dentro i racconti c'è però molto passato. Aggiungo infine che nei testi c'è poca "pisanità" e me ne sarei aspettata di più. Parlo di pisanità nel senso buono del termine. Di una città che non sia solo sfondo, ma luogo di incontri e di occasioni. Ma forse non poteva che essere così.

domenica 23 aprile 2017

La famiglia adolescente / Massimo Ammaniti, psicanalista, Laterza 2015
Lettura intelligente per genitori 40tenni o 50tenni. Non per curarsi ed evitare di vivere un vita tardo adolescenziale anche da genitori, ma per prendere consapevolezza (autocoscienza?) del fenomeno. E dopo che se ne è presa coscienza? Dopo che si è capito che non è il caso di vivere ostaggio dei figli adolescenti prepotenti e un po' bulli coi genitori? Forse si potrebbe provare a crescere? Si, sicuramente un tentativo andrebbe fatto.
La lettura del volumetto di meno di 100 è facile e piana. Ci spiega perché gli adolescenti si comportano capricciosamente da adolescenti, e perché molti adulti si comportano stupidamente ed erroneamente da adolescenti.
Ovvio che gli adulti tendono alla regressione per un sacco di ragioni sociali e forse anche economiche, oltre che valoriali e antropologiche. Ma così facendo, nota Ammaniti, creano famiglie "adolescenti" e, aggiungo io, contribuiscono a creare una società di "adolescenti", instabile, emotivamente fragile, insicura e allo stesso tempo arrogante.
Insomma la società adolescente sembra una delle facce della società liquida teorizzata da Bauman.
Il denso volumetto è pieno di riflessioni e di esempi che ci costringono dolorosamente a riflettere e a ripensare la relazione coi figli e con noi stessi.
Una lettura davvero obbligata, se solo si potessero obbligare gli adulti a leggere.

sabato 22 aprile 2017

Il convegno dell'AICC su "Storici e storiografia in Grecia e a Roma"
E' cominciato con una incredibile affluenza di pubblico, presso il Museo Piaggio di Pontedera, il convegno dedicato alla cultura classica ed imperniato sul tema tema della storiografia in Grecia e a Roma.
Oltre 150 iscritti e ben oltre le 200 presenze registrate nell'arco della mattinata con docenti ed eruditi provenienti da tutta Italia e forse anche oltre.
La grande sala del Museo Piaggio vede posti tutti occupati e persone in piedi come ai concerti Rock e siamo a Pontedera. Sono presenti studiosi di tutte le età, coordinati dall'organizzazione dell'AICC di Pontedera e dai suoi formidabili volontari, col prof. Paolo Morelli e la prof. Laura Marconcini in testa.
Interessantissime le prime relazioni di Mario Capasso (Univ. del Salento) e Marco Tulli (Univ. di Pisa).



venerdì 21 aprile 2017

Pontedera e la storiografia antica
Grande convegno organizzato dalla sezione locale dell'Associazione Italiana di Cultura Classica, guidata dalla prof. Laura Marconcini, con una grinta ed un coraggio organizzativo da fare invidia.
Il convegno dedicato a "Storia e storiografia in Grecia e a Roma" accoglierà i migliori specialisti italiani. Tra i nomi di spicco: Mario Capasso (presidente nazionale dell'AICC), Aldo Schiavone, Renzo Tosi, Luciano Canfora.
Canfora in particolare parlerà domenica su "L'oratoria nella storiografia".
Insomma per i pontederesi e tutti gli appassionati e specialisti di cultura classica un convegno da non perdere.
Di seguito il programma


giovedì 20 aprile 2017

Quando nasce il populismo? E soprattutto si può curare?
Il populismo non nasce quando le idee democratiche non funzionano più o le elite che riassumo e organizzano i desiderata della gente non rappresentano più il popolo. Il populismo nasce quando le persone non vogliono più fare la fatica di andare in uno spazio pubblico a discutere e negoziare i propri bisogni; quando le persone non vogliono più spendere tempo e soldi per trovare, insieme agli altri, idee e soluzioni ai problemi collettivi e non riescono ad alimentare nuove speranze; nascono quando le persone preferiscono delegare qualcun altro a fare politica per proprio conto e si limitano ad ascoltare, borbottare e a votare ogni cinque anni.
Il populismo nasce quando la maggior parte delle persone, nei piccoli paesi come nelle grandi città, smettono di impegnarsi, cessano di dare il proprio contributo, di alimentare e rinnovare le proprie idee e i propri obiettivi.
Nasce quando la gente comune si aspetta la pappa scodellata e pretende pasti gratis, chiede e non è disposta a dare.
Quando smette di fare i conti col presente e con la sua continua evoluzione e siccome ha smesso di pensare, comincia a sostenere che la realtà è tutto uno schifo, che non ci si può fare niente, che la politica è tutto un mangia mangia, che tutti i politici sono uguali, e anziché impegnarsi a migliorare la situazione, giustifica il proprio disimpegno, la propria lontananza, e finisce per delegare ancora di più.
Il populismo è una malattia che colpisce tante persone che regrediscono dall'impegno (anche minimo) al disimpegno (totale), dando la colpa al sistema o ai cattivi.
Il populismo è una malattia che colpisce persone che si stravaccano davanti alla tv e davanti a internet, ascoltano e leggono quello che altri dicono, magari postano frasi rivoluzionarie e moraliste  e si sentono bravi cittadini invece di percepirsi per quello che realmente sono diventati, ovvero degli assenteisti.
Il populismo non è una malattia del sistema, ma un'epidemia sociale che colpisce la gente comune, persona per persona, e la rinchiude in casa e la fa sentire comoda e coccolata a letto, anziché spingerla fuori, nelle piazze, a manifestare il proprio malessere e a cercare di curarlo con gli altri. Negoziando e trattando con la diversita', accettando di dialogare e di lavorare anche con chi non la pensa come noi.
Il populismo trasforma gli uomini in masse mugugnanti. A volte arrabbiate. Tendenzialmente razziste. Spesso stupide. Di solito incavolate e poco disposte ad ascoltare e a capire.
Il populismo arriva quando la gente comune non riesce a selezionare elite capaci, ma lascia avanzare, per ignavia o disinteresse, personaggi e leader di poco spessore se non fasulli o pericolosi.
Quando le persone abbandonano il ruolo di cittadini per pigrizia, noia, ignoranza, distrazione, o perchè hanno tante altre cose da fare, ed indossano volontariamente il vestito dei sudditi, allora nasce il populismo.
Il populismo è una forma di servitù volontaria. Accettata per evitare di impegnarsi.
Ma il populismo si può curare?
Si, ma non senza fatica e non senza impegno.
La cura richiede una buona partecipazione indivuduale. Il populismo però non si cura in pochi, ma richiede la partecipazione di tanti.
Bisogna infatti che molti individui escano di casa e si parlino. Collaborino. Crescano insieme.
Bisogna che le persone riescano a ringiovanire le loro idee o inventarne collettivamente di nuove. Senza troppe illusioni, ma senza cedere al pessimismo. Senza esagerare. Senza pretendere troppo. Senza immaginare di poter rivoltare gli uomini come se fossero calzini.
Sopratutto è necessario recuperare i luoghi della rappresentanza politica e  far rivivere gli spazi del dialogo pubblico. Ridare fiato alle organizzazioni dove le discussioni collettive si realizzano, prendono forma, cercano soluzioni possibili e a volte le trovano.
Il tutto con intelligenza, tolleranza, passione, comprensione delle infinite differenze che caratterizzano gli uomini e le donne di questo pianeta. Viviamo in una società multietnica e multiculturale, che non sta ferma, ma evolve.
La cura funziona quando un popolo smette di essere una massa belante e si trasforma in insieme di individui tutti singolarmente molto attivi, svegli, sensibili e partecipi. Uomini e donne che sanno cosa vogliono e sono in grado di eleggere i rappresentanti giusti e di dialogare correttamente con loro per trovare buone soluzioni.
Non è facile. Ma ci si deve provare.

mercoledì 19 aprile 2017

Breve storia dell'edilizia pubblica a Pontedera. Riparte una discussione sul futuro della città?
Partendo da uno studio di Paolo Costagli, ieri alla saletta della Bancarella delle Brigate (galleria Incoop a Pontedera), introduzione storica al tema (a cura anche di Michele Quirici, formidabile erudito locale) ed illustrazione del medesimo a cura di Paolo Costagli (il cui agile volumetto si intitola: "La città nella città. Storia e prospettive dell'edilizia sociale a Pontedera" (Comune di Pontedera, 2014).
Una quindicina di persone ad ascoltare e ad interloquire con Costagli e con Quirici.
I temi usciti fuori sono tanti e sono andati ben oltre il tema specifico, anche perchè Pontedera sta diventando sempre più una realtà multifunzionale e complessa. Un paese di trentamila abitanti che cambia continuamente pelle, pur mantenendosi fedele a linee di sviluppo ormai vecchie di secoli (centro amministrativo, sede di commerci e mercati, centro servizi, punto nevralgico per l'assistenza sanitaria, per i servizi scolastici, per l'intrattenimento sportivo e culturale in genere).
Un centro sempre più multietnico, anche alle cento nazionalità che lo abitano (europee, africane, asiatiche..).
L'obiettivo è stato quello di provare a parlare della città e delle sue dinamiche. Cercando di tenere presente l'insieme di varietà di problemi, di sfide e di possibilità che coabitano in città.
E' stata solo la prima delle occasione, a cui seguiranno a breve altri due appuntamenti.
Organizzatori: l'Associazione Olifante, l'Associazione Industria delle idee, Fab Ten, la Biblioteca Gronchi, la Rete Bibliolandia.




venerdì 14 aprile 2017

La sensazione è di essere sull'orlo del baratro. Ma è una sensazione vera o una suggestione sbagliata?
La speranza è che Trump sia un ottimo giocatore di poker e che stia solo facendo finta. La speranza. Ma la realtà?
Anche se i missili che ha detto di aver fatto sparare sulla Siria ha fatto dire che erano veri, erano davvero veri? O era solo una fake news messa in circolo da ciuffo dorato?Gli si può credere a uno così? Si può credere ai suoi portavoce?
E la superbomba che dice di aver fatto buttare in Afghanistan, gli amerikani ce l'hanno buttata davvero o è un'altra fake news messa giro dai Trump boys? Mistero, canterebbe Ruggeri.
E la grande Armada che sta attraversando il Pacifico per piazzarsi in faccia alla Korea del Nord ci sta andando davvero? E quando i nord koreani saranno a portata di tiro di questa invincibile armada che cosa faranno? Si limiteranno a spernacchiarla da lontano? Gli lanceranno qualche missile contro?
Ma i russi e i cinesi non potrebbero convocare un bel consiglio di sicurezza dell'Onu e presentare una risoluzione per impedire a Trump di fare e di dire tutte queste bischerate?
E i socialisti francesi che ancora governano in Francia non potrebbero battere un colpo e convincere la Merkel a presentare insieme al Parlamento europeo una risoluzione in cui l'Europa (popolari e socialisti insieme) si dissocia da tutte le bischerate che dice e che fa Trump?
Infine tutti questi marciatori pacifisti italiani non aspetterano mica la prossima marcia di Assisi  (tra due anni) per mandare Trump a quel paese e chiedere a Gentiloni una dichiarazione di neutralismo assoluto e una netta presa di distanza da ciuffo dorato?

Portineria Piaggio: donne sempre in prima linea sul fronte della solidarietà.
Sono una vera forza della natura. La differenza tra chi chiacchiera e chi fa.



giovedì 13 aprile 2017

E se tornassimo a discutere di edilizia popolare?

Circa tre anni fa Paolo Costagli ha pubblicato un agile volumetto dal titolo "La città nella città : storia delle prospettive dell'edilizia sociale a Pontedera" (Bandecchi & Vivaldi, 2014). Nel testo Costagli ricostruiva la storia dell'edilizia popolare a Pontedera e avanzava una serie di osservazioni su come l'edilizia popolare avesse cambiato, almeno in parte, il volto della città.
Da qui l'idea oggi di chiedere a Paolo, insieme ad altri amici come Roberto Boldrini, di riassumere in un dibattito pubblico la storia che lui ha ricostruito e provare anche a discutere di prospettive e non solo di passato.
Certo in una città che è cambiata. Certo in una realtà in cui l'aggettivo popolare si estende e deve coniugarsi con quello di multiculturale e multietnico. Certo in un contesto in cui tutto è più complicato, meno ricco e allo stesso tempo più sfidante, più difficile, meno ideologico.
E' con queste premesse che si aprirà martedì prossimo nella galleria della Coop un dibattito su questo argomento, introdotto da Michele Quirici, gran conoscitore di storia pontederese, e svolto da Paolo Costagli.
Appuntamento alla Galleria della Incoop, alle ore 17,30, di martedi 18 aprile.

mercoledì 12 aprile 2017

Reddito di cittadinanza. O reddito minimo? / Stefano Toso, il mulino, 2016, pp. 147
Confesso la mia ignoranza. Fino ad oggi avevo letto poco su un tema che ormai il principale movimento politico italiano indica un pò come la panacea di diversi mali di questo paese. Parlo del reddito di cittadinanza, o almeno con questa dicitura spesso è indicato dagli organi di stampa e soprattutto dai suoi sostenitori.
Il volume di Stefano Toso, dalla lettura, va detto, non proprio semplicissima, fornisce tre cose fondamentali per i lettori che vogliano passare dagli slogan che appaiono sulla stampa e dal "sentito dire" ad una comprensione più approfondita sull'argomento. Salto questo che potrebbe essere utile magari in relazione alle prossime elezioni politiche, quando di sicuro il reddito di cittadinanza verra' presentato come un obiettivo da realizzare nel nostro paese ad esempio dal M5S e forse anche dal Pd.
Il volume di Toso contiene dunque:
1. Un quadro storico culturale e politico (con adeguata bibliografia) in cui il tema si è formato e ha cominciato ad essere discusso e parzialmente attivato;
2. Gli elementi essenziali per capire di che cosa si tratta e di cosa si parla quando ci si riferiscea reddito di cittadinanza e a quella cosa simile che sembra essere il reddito minimo;
3. L'impatto che per ora hanno avuto alcune sperimentazioni parziali, almeno in alcuni paesi europei.
Aggiungo che il tema mi pare bello complicato e che la stessa storia che accompagna la proposta di reddito di cittadinanza e le forme parziali di attuazione costituiscono un bel groviglio di eventi, fatti, idee e interpretazioni in cui non è facile districarsi (anche solo con riferimento al contesto europeo). È un tema moderno e complesso, quindi multifattoriale e che non può essere affrontato con la velocità e la dimensione di un tweet. Naturalmente se si vuole essere seri.
Tuttavia nell'era dell'automazione crescente e agli albori dell'età della robotica che, quasi certamente, modificherà in maniera ancora più radicale il rapporto tra gli uomini e il lavoro, la riflessione su uno strumento sociale che garantisca a tutti un reddito e quindi una vita dignitosa si pone con forza ed evidenza e non può essere liquidato con una battuta, date le molte implicazioni che porta con sé sul piano economico-fiscale, ma anche psicologico, sociale e culturale.
Per questo sarebbe bene che su un argomento che probabilmente sarà sempre più centrale nel nostro futuro prossimo l'opinione pubblica avesse le idee più chiare possibili. Il libro di Toso è un piccolo ma utile strumento che ci aiuta ad andare in questa direzione.

martedì 11 aprile 2017

Quando gli apprendisti stregoni parlano a vanvera
È preoccupante quando Rex Tillerson, un uomo che per quarantanni si è preoccupato quasi esclusivamente di fare soldi (e li ha fatti) comprando e vendendo petrolio nel mondo, improvvisamente fatto ministro degli esteri Usa, scopre il bisogno di difendere i bambini massacrati dai dittatori sanguinari. Certo, si tratta di un sentimento nobile che però viene messo al servizio della logica di una Superpotenza che, dopo l'era Obama, vuol tornare a recitare il presuntuoso ruolo di sceriffo del pianeta e che non sarebbe in grado di mantenere la promessa se non scatenando guerre che di innocenti farebbero strage dappertutto.  In questo modo il sentimento di Trump e Tillerson produrrebbe sugli innocenti effetti più gravi e devastanti di quelli dei criminali che il duo Usa dice di voler estirpare.
La cosa non stupisce, ma preoccupa. E preoccupa soprattutto per il pressappochismo e per quell'aria da apprendisti stregoni che hanno Donald & Rex. Due affaristi, incompetenti assoluti in fatto di politica estera, convinti che se hanno avuto successo in economia, certo ne avranno anche in politica e nelle relazioni internazionali.
Purtroppo, lo sappiamo, anche le democrazie possono cadere nelle mani di demagoghi e di apprendisti stregoni. E questo può provocare un sacco di guai. Soprattuto alla gente comune. Inclusa quella che non li ha eletti.
Per questo occorre che le persone di giudizio e di buona volontà abbiano il coraggio di chiamare le cose per quello che sono.
E le dichiarazioni di ieri a Stazzema di Rex Tillerson sono una scemata planetaria, anche se sono state fatte in un luogo solenne, nell'ambito di un G7 però senza la Russia e senza la Cina (e che quindi sembrava più una gita turistica che una riunione di ministri degli esteri).
Dispiace anche che certi giornalisti italiani siano corsi ad arruolarsi tra le truppe della nuova America trumpiana che, accantonato Obama, vuole tornare a recitare un ruolo da protagonista nella storia del mondo. A questi giornalisti che dicono che siamo in guerra e che bisogna mostrare i muscoli ai nemici, che trovano sacrosanto il lancio da una portaerei americana di un bel po' di missili sulla Siria, a questi soggettoni farei fare dai loro sindaci un bel TSO; e altrettanto farei con i giornalisti che li invitano a gridare le loro opinioni alla radio o in tv e altrettanto ai digirenti televisivi che tollerano simili ospiti nei programmi che loro approvano e altrettanto ai consigli di amministrazione che sopportano tutto ciò e che magari lo incoraggiano per alzare gli ascolti e la pubblicità.
Perchè le sciocchezze pericolose se ripetute da bocche e fonti autorevoli (o comunque ritenute tali) possono fare danni ai popoli. Danni molto gravi.

lunedì 10 aprile 2017

Manuale di lettura creativa / Marcello Fois, Einaudi, 2016
Testo fatto di tanti piccoli articoli e brevi saggi. Sa di Umberto Eco, influenza fondamentale per uno scrittore, sceneggiatore e saggista qual è il sardo Fois, bolognese però di adozione, perchè a Bologna Fois ha studiato con maestri illustri e qui lavora e vive dai tempi dell'Università.
Tra le tantissime cose belle che condivido di quello che Fois scrive, c'è  l'idea che chi scrive debba anche leggere e sapere molto. E che la scrittura sia un reimpastare continuamente testi e contenuti prodotti da diversi  autori nel corso degli ultimi 2500 anni. E che quindi solo chi conosce la tradizione possa portarla avanti e produrre vera innovazione letteraria.
E poi mi sono innamorato delle chicche che Fois dedica a 'i promessi sposi' e a 'pinocchio', due testi fondanti, insieme a 'Cuore' di De Amicis della cultura e dell'identità nazionale.
Ma di riflessioni su come e cosa si dovrebbe leggere il volume è pieno.
Ed anche per questo è anche un piccolo manuale di riferimento per chi voglia scrivere,  cercando di dare il meglio di sé in questo mestiere.

domenica 9 aprile 2017

Perché leggere l'ultimo libro di Ernesto Galli Della Loggia?
Si intitola "Credere tradire vivere. Un viaggio negli anni della Repubblica" (il Mulino, 2016, 345 p., 24 euro) e contiene molti spunti e suggestioni. È scritto bene, le pagine scorrono che è una bellezza e per chi ha un pò di passione per la storia politica di questo paese non mancano davvero argomenti su cui riflettere.
Il taglio sta fra il saggistico e il narrativo ed intreccia la storia della nazione con le vicende biografiche personali dell'Autore e questo trasforma il testo in una specie di "Come eravamo" in cui il protagonista racconta coi suoi occhi la storia della Repubblica e come ha saputo navigare nelle vicende politiche di questo sfaccettatissmo, diviso e discorde paese.
Aggiungo che gli occhiali che indossa EGDL (è l'acronimo del nome e cognome dell'autore) sono in realtà  due paia però con focali diverse: la focale dello storico e quella del giornalista. A volte usa la prima, a volte la seconda. A volte, come fanno talora gli anziani, se le mette entrambe contemporaneamente. A volte, stanco, se le leva tutte e due.
A volte si lancia in gustose polemiche con intellettuali morti, come Bobbio e Bocca, ma più di tutti se la prende con i comunisti. Anche qui, quasi tutti morti.
Gli unici che la scampano sono i cattolici e la chiesa. Nel senso che li ignora.
Se uno non conoscesse niente della storia d'italia, uscirebbe dalle pagine di EGDL senza quasi incontrare il nome di un democristiano (De Gasperi è citato una sola volta, idem Andreotti, i due Segni mai, Gronchi mai, Fanfani mai. Moro è  l'unico che compare più  volte). Stessa assenza per i Papi del dopoguerra. Invece Mughini ha 7 o 8 citazioni e pure Floris D'Arcais. Tanto per fare un paragone.
Vogliono dire qualcosa queste assenze cattoliche? Forse che il 60 o 70 per cento del paese non ha partecipato a questa storia? Ma allora il titolo più preciso doveva parlare di mezza repubblica. Perchè non si può parlare di Italia ignorandone la parte maggioritaria, solo perché la nostra storia personale non si è incontrata con la loro. O solo perché una vulgata prima accetta e poi respinta, la lettura "comunista" della storia d'Italia, ha parzialmente oscurato la presenza dei cattolici.
Ma c'è un altro elemento davvero interessante che EGDL pone con forza nella narrazione repubblicana ed è il peso della cultura politica "azionista".
Qui EGDL non riconduce però con chiarezza l'azionismo ad una delle diverse anime del liberalismo italiano, nè lo riporta alla sua profonda matrice borghese, e quindi non risulta chiaro come e perché azionismo, liberalismo e cultura borghese siano stati in larga misura presenti e per lunghi tratti egemoni da metà '800 in poi nella cultura e nella politica italiana, certo insieme al mondo cattolico e alla cultura cattolica.
Una delle note deludenti inoltre è la mancanza di risposta ad una domanda che il suo volume suscita, ma che alla fine elude. Infatti, dopo aver strapazzato a lungo i cadaveri di comunisti e socialisti, EGDL non riesce a spiegare perché queste forze siano scomparse sia politicamente che culturalmente. Com'è infatti che un'egemonia culturale come quella comunista è così rapidamente tramontata? Mistero.
Com'è che invece al centro della storia di questo paese sono rimasti i cattolici anche nella seconda e terza repubblica per quanto non più aggregati in un solo grande partito?
Per quale ragione il pensiero liberale e democratico continua ad essere il punto di riferimento di questa squinternata e per fortuna poco patriottica repubblica guidata dai borghesi anche se non esiste più un partito liberale e buona parte del partito democratico assomiglia al vecchio  partito dei cattolici?
Per quale ragione l'egemonia borghese continua ad essere vitale e a tenere a galla il paese, economicamente e politicamente nonostante grandi trasformazioni e cambiamenti?
Forse è rispondendo a domande come queste che si capirebbe meglio cosa sono gli italiani (come insieme vario, discorde e diviso) e cosa è stata la loro storia nella fase repubblicana.
Ma la focale e il linguaggio del giornalismo insieme ai limiti del biografismo non facilitano analisi complicate e, preferendo risposte semplici e colorate, non aiutano neppure a capire cosa siamo stati veramente o quasi. Come individui e come entità nazionale. Peccato.

sabato 8 aprile 2017

Da Assad a Trump, a noi: venti di follia attraversano il pianeta.
Ma chi ha processato il regime siriano di Assad e ha dimostrato, prove alla mano, di fronte ad un tribunale internazionale, che è stato Assad a dare l'ordine di usare i gas tossici sulla città siriana?
C'è un tribunale internazionale che ha emesso una sentenza di condanna?
E se non c'è, c'è almeno l'ONU che ha preso una risoluzione che riconosce la colpa di Assad e da mandato a qualcuno di punirlo?
E se non c'è niente di tutto questo, chi ha autorizzato il presidente americano Trump a lanciare dei missili sulla Siria?
In nome e per conto di chi ha agito il presidete USA? In nome del popolo americano? Dell'Umanità tutta?
E come fanno dei capi di stato di molti paesi europei ad appoggiare il lancio di missili sulla Siria in questa situazione?
Che la fortuna ci scampi dalla follia che sembra tornata ad imperversare sul pianeta.

giovedì 6 aprile 2017

Una gatta in fuga / Vanna Cercenà (Giunti, 2017, 8,90 €)

Non è facile raccontare perchè si parte da certi luoghi, che sono il posto dove si è nati e dove per ragioni di guerra e di odio non si può più continuare a vivere e a far crescere i propri figli. Siria, Libano, Iraq... il Medio Oriente martoriato da idee fanatiche e da guerre. Il Medio Oriente dove imperversano odio e follia da cui è bene allontanarsi. Come spiegare l'idea di abbandonare la propria casa e il coraggio di attraversare vicende dolorose e rischiose, perfino mortali, per recuperare un barlume di speranza? Come si fa a dire tutto questo con "leggerezza" e senza risultare falsi o retorici? Come si fa a raccontarlo ai bambini? Da quali prospettive porsi per narrare un dramma senza soffocare e spaventare troppo il lettore? Chi leggerà il piccolo libro doloroso ma lieve di Vanna Cercenà lo scoprirà a poco a poco.

martedì 4 aprile 2017

MA DAVVERO LA RIVOLUZIONE E' TORNATA ALL'ORDINE DEL GIORNO?
L'asse su cui, nel '900, si sono consumate molte scissioni nella sinistra italiana è stato quello tra riformisti e rivoluzionari. Ma per chi aveva fondato il Pd quell'asse non avrebbe dovuto avere più senso. Il Pd era ed è per definizione la casa dei riformisti (qualunque cosa questo voglia dire) e in specifico della tante anime riformiste (forse confuse e in cagnesco l'una con l'altra), tutte rapportabili ad un orizzonte di centro sinistra.
In questo contesto la "rivoluzione" non sembrava più una prospettiva per nessuna di queste anime.
Ora però alcuni dicono che le cose sono cambiate. Sostengono che la rivoluzione, sia pure moderata, sta tornando nell'orizzonte politico della sinistra italiana, anzi europea. Di più. Mondiale.
E' per questa ragione che il Pd renzianizzato (ovvero diventato troppo moderato, governativo, padronale e quasi di destra) va abbandonato. E si ipotizza, addirittura, una prospettiva gloriosa per un partito neolaburista, sulla scia di quanto starebbe avvenendo in Uk con Corbyn, negli Usa con Sanders e in Francia e Germania con altri.
Sul tratto sempre più moderato, veterodemocristiano e quindi in una certa misura pragmatico, pluralista e governativo del Pd, che per me assomiglia ad una specie di "balena rosa", concordo. Ma sono anche convinto che questo approdo non sia del tutto un male. Quello a cui invece faccio fatica a credere è se sia davvero possibile e, in seconda battuta, auspicabile, per il bene del paese, rigenerare e far rivivere una formazione di "sinistra", di una "sinistra ancora oscillante tra riforme e rivoluzione", e questo dopo la diaspora culturale e organizzativa che, dal '90 in poi, ha fatto seguito all'evoluzione sia del PCI che del PSI, nonchè di altri piccoli partiti che attorno alle due maggiori formazioni di sinistra avevano orbitato come satelliti (Psiup, Pdup, Lotta continua, Dp, Il manifesto, Avanguardia operaia, Olc, ecc. ecc.).
Ma siccome nessuno può seriamente presumere di poter prevedere il futuro, va sospeso il giudizio in attesa dello svolgersi degli eventi.
Resta il fatto che chi non è riuscito a fare le riforme quando stava in un grande partito e controllava il governo, dovrebbe spiegare, con argomenti convincenti, come farà a realizzare una vera rivoluzione partendo da un soggetto politico molto più piccolo e che per giunta dovrà negoziare le sue mosse con l'ultramoderato  Pd di Renzi da una parte e con gli eredi del "rivoluzionarismo" italiano dall'altra. Certo una qualche risposta, a parole, verrà data. Ma non credo che si andrà oltre le parole, appunto.
Aggiungo infine che sono quasi certo che non esistano in questo paese élite politiche in grado di sistemare le cose e di farcene vedere delle belle. E che se certi novelli rivoluzionari non ce ne faranno vedere delle brutte (cosa che invece temiamo che accada), sarà già un'autentica fortuna.
Perchè le uniche élite efficienti di questo paese sono costituite da coloro che tutti i giorni si sudano la paga e si ingegnano per sopravvivere su un mercato sempre più duro e competitivo, mentre una parte dei loro compaesani gioca a fare la zavorra, chiacchiera a vanvera e si lamenta, fornendo un pessimo esempio di sé.
Per questo temo che la separazione legale messa in atto in casa Pd finirà per rafforzare il patetico e un po' ridicolo populismo grillino o l'autarchico nazionalismo xenofobo della speriamo non premiata ditta Salvini & Meloni.
Aggiungo che spero di sbagliarmi e che i separatisti si ravvedano e ci ripensino. Sarebbe troppo bello.

lunedì 3 aprile 2017

MA IL MUSEO DELLA MEMORIA DI SAN MINIATO CHE FINE HA FATTO?

Due anni fa, alla vigilia del 25 aprile, con un atto che a molti parve inqualificabile, il sindaco di San Miniato tolse le due lapidi storiche dedicate alla strage del Duomo dalla facciata del palazzo comunale e le rimpiattò da qualche parte, promettendo che di lì a pochissimo le avrebbe ricollocate in un costruendo Museo della Memoria. Le lapidi grazie ad una battaglia culturale e politica intrapresa dal Comitato Ferruccio Parri, alla posizione di buona parte dei militanti del pd di San Miniato e all'atteggiamento della Sovrintendenza per i beni storico artistici di Pisa, le lapidi, dicevo, furono ricollocate un paio di mesi dopo sotto i loggiati di San Domenico, in pieno centro storico, visibili, come deve essere, al pubblico. Invece del Museo della Memoria, fortemente voluto, almeno a parole, dal suo sindaco e sempre a parole dal suo partito, non si è saputo più nulla. Ora sono passati due anni da quegli annunci solenni ma del Museo non c'è traccia. Confesso che questo mancato allestimento non mi meraviglia. Nè credo stupisca molti sanminiatesi che ormai hanno imparato a conoscere il loro borgomastro e a calibrare il valore delle sue promesse. Ovviamente lo sconfitto rottamator di lapidi non spiegherà al popolo perché, dopo aver coltivato il progetto museale per 5 anni e dopo averlo annunciato per altri tre anni, non sia riuscito a collocare neppure la classica prima pietra. Quello che la stampa locale spesso ha esaltato come il capitano coraggioso, il condottiero capace di sfidare il partito, non ha saputo in 8 anni di gestione del Comune aprire uno spazio che, stando ai progetti circolati, dovrebbe essere grande appena 50 mq; un museo che perfino il suo partito, quando era ancora unito, gli aveva intimato di realizzare con una mozione approvata in consiglio. Stando così le cose è legittimo sospettare che lo sbandierato museo fosse una "bufala". Una uscita estemporanea, data in pasto all'opinione pubblica per autorizzarsi a togliere le lapidi e a lasciarle in un cantone. Nascoste. Non a caso in una recente intervista nel corso della quale il borgomastro ha tentato un primo bilancio della sua seconda legislatura, a questo progetto non ha neppure accennato. Ed è chiaro che il lacerato pd di San Miniato si guarderà bene dall'incalzare il suo sindaco su una vicenda come questa. È comprensibile. Ma allora del museo non se ne farà di niente? Vedremo. Per il momento le due lapidi rimarranno visibili sotto i loggiati di San Domenico. Il che significa che almeno la mano oscurantista è stata fermata. Certo, è buffo constatare che nel frattempo il borgomastro coraggioso abbia trovato il modo ed il tempo per inaugurare un minimuseo dedicato ai "Pinocchi ritrovati". Immagino che se ne sentisse un forte bisogno.

domenica 2 aprile 2017

I vecchi compagni comunisti
Conosco diversi vecchi compagni comunisti, con o senza tessera del pd, e mi colpiscono i loro diversi approdi. Parlo di persone serie, ultraottantenni, a cui voglio molto bene, a prescindere se abbia condiviso in passato o condivida adesso le loro idee.
Sono persone che si dividono fondamentalmente in due gruppi. Il primo crede ancora che si possa costruire un uomo nuovo e risolvere cosi una volta per tutte il problema dell'ingiustizia sociale. Il secondo ha imparato molto dalle dure repliche della storia e si accontenta di fare quello che può, ma senza mollare e rimanendo attivo e possibilmente conservando i tradizionali valori ....di sinistra.
I primi tendenzialmente trovano poco simpatici Renzi, Grillo, Berlusconi e il 99 per cento delle forze politiche e credono che prima o poi il popolo si sveglierà e allora se ne vedranno delle belle.
I secondi non amamo Renzi, ma il giovane fiorentino sembra loro il meno peggio rispetto a tutti quegli altri e non si fanno più  troppe illusioni sulle virtù catartiche del popolo.
I primi hanno ragione a sostenere che Renzi non appartiene alla loro storia, se non marginalmente.
I secondi hanno ragione nel sostenere Renzi perché senza di lui in queste circostanze si potrebbe andare solo in maniera più confusa e caotica, consegnando il paese a politici da strapazzo.
Insomma una situazione diabolicamente intricata per degli ottantenni che comunque si godono una pensione accettabile e se non hanno troppi acciacchi, non se la passano nemmeno male.

sabato 1 aprile 2017

L'Arca parte alle otto / di Ulrich Hub e Jörg Mühle

Un racconto divertente, in una situazione paradossale (l'Arca di Noè), per spiegare il concetto di Dio ai bambini (età 7/10 anni?). Protagonisti 3 pinguini che puzzano di pesce. Dal loro viaggio per imbarcarsi sull'Arca (portandosi dietro un clandestino) alla fine del Diluvio ci sono tutta una sequenza di dialoghi semplici e profondi al tempo stesso, come solo gli scrittori che scrivono per ragazzi sanno mettere insieme. Il libro è godibile (ma troppo breve) anche per i genitori e più in generale gli adulti. Va detto che l'approccio al tema non è (o almeno così mi sembra) squisitamente religioso. Non è un libro per "indottrinare". E' semmai un testo "laico", ironico e quasi "oggettivo" sulla figura di Dio quale sostanzialmente ci consegna la tradizione "biblica", elaborata nel corso degli ultimi cinque millenni, con un infinito numero di varianti, tra la terra delle Mezza Luna fertile e il Mediterraneo (Egitto incluso). Ringrazio Manola per avermi suggerito di leggerlo