Perché leggere l'ultimo libro di Ernesto Galli Della Loggia?
Si intitola "Credere tradire vivere. Un viaggio negli anni della Repubblica" (il Mulino, 2016, 345 p., 24 euro) e contiene molti spunti e suggestioni. È scritto bene, le pagine scorrono che è una bellezza e per chi ha un pò di passione per la storia politica di questo paese non mancano davvero argomenti su cui riflettere.
Il taglio sta fra il saggistico e il narrativo ed intreccia la storia della nazione con le vicende biografiche personali dell'Autore e questo trasforma il testo in una specie di "Come eravamo" in cui il protagonista racconta coi suoi occhi la storia della Repubblica e come ha saputo navigare nelle vicende politiche di questo sfaccettatissmo, diviso e discorde paese.
Aggiungo che gli occhiali che indossa EGDL (è l'acronimo del nome e cognome dell'autore) sono in realtà due paia però con focali diverse: la focale dello storico e quella del giornalista. A volte usa la prima, a volte la seconda. A volte, come fanno talora gli anziani, se le mette entrambe contemporaneamente. A volte, stanco, se le leva tutte e due.
A volte si lancia in gustose polemiche con intellettuali morti, come Bobbio e Bocca, ma più di tutti se la prende con i comunisti. Anche qui, quasi tutti morti.
Gli unici che la scampano sono i cattolici e la chiesa. Nel senso che li ignora.
Se uno non conoscesse niente della storia d'italia, uscirebbe dalle pagine di EGDL senza quasi incontrare il nome di un democristiano (De Gasperi è citato una sola volta, idem Andreotti, i due Segni mai, Gronchi mai, Fanfani mai. Moro è l'unico che compare più volte). Stessa assenza per i Papi del dopoguerra. Invece Mughini ha 7 o 8 citazioni e pure Floris D'Arcais. Tanto per fare un paragone.
Vogliono dire qualcosa queste assenze cattoliche? Forse che il 60 o 70 per cento del paese non ha partecipato a questa storia? Ma allora il titolo più preciso doveva parlare di mezza repubblica. Perchè non si può parlare di Italia ignorandone la parte maggioritaria, solo perché la nostra storia personale non si è incontrata con la loro. O solo perché una vulgata prima accetta e poi respinta, la lettura "comunista" della storia d'Italia, ha parzialmente oscurato la presenza dei cattolici.
Ma c'è un altro elemento davvero interessante che EGDL pone con forza nella narrazione repubblicana ed è il peso della cultura politica "azionista".
Qui EGDL non riconduce però con chiarezza l'azionismo ad una delle diverse anime del liberalismo italiano, nè lo riporta alla sua profonda matrice borghese, e quindi non risulta chiaro come e perché azionismo, liberalismo e cultura borghese siano stati in larga misura presenti e per lunghi tratti egemoni da metà '800 in poi nella cultura e nella politica italiana, certo insieme al mondo cattolico e alla cultura cattolica.
Una delle note deludenti inoltre è la mancanza di risposta ad una domanda che il suo volume suscita, ma che alla fine elude. Infatti, dopo aver strapazzato a lungo i cadaveri di comunisti e socialisti, EGDL non riesce a spiegare perché queste forze siano scomparse sia politicamente che culturalmente. Com'è infatti che un'egemonia culturale come quella comunista è così rapidamente tramontata? Mistero.
Com'è che invece al centro della storia di questo paese sono rimasti i cattolici anche nella seconda e terza repubblica per quanto non più aggregati in un solo grande partito?
Per quale ragione il pensiero liberale e democratico continua ad essere il punto di riferimento di questa squinternata e per fortuna poco patriottica repubblica guidata dai borghesi anche se non esiste più un partito liberale e buona parte del partito democratico assomiglia al vecchio partito dei cattolici?
Per quale ragione l'egemonia borghese continua ad essere vitale e a tenere a galla il paese, economicamente e politicamente nonostante grandi trasformazioni e cambiamenti?
Forse è rispondendo a domande come queste che si capirebbe meglio cosa sono gli italiani (come insieme vario, discorde e diviso) e cosa è stata la loro storia nella fase repubblicana.
Ma la focale e il linguaggio del giornalismo insieme ai limiti del biografismo non facilitano analisi complicate e, preferendo risposte semplici e colorate, non aiutano neppure a capire cosa siamo stati veramente o quasi. Come individui e come entità nazionale. Peccato.
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