Gli uomini vivono in un mondo maledettamente complicato e spesso inafferrabile; e per quanto le loro fonti informative siano oggi praticamente illimitate, alla fine hanno bisogno di semplificare l’analisi e le conclusioni per convincersi che stanno davvero capendo qualcosa di ciò che li circonda. Ma occorre guardarsi da semplificazioni che finiscono per lasciarci disarmati di fronte alla realtà. Ed è proprio con questa sensazione che sono uscito dalla lettura del lungo e interessante saggio di ALESSANDRO VOLPI (docente di storia contemporanea all’Università di Pisa) intitolato “I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia” (Laterza, p. 192, 2024).
Il testo è suggestivo, ben articolato, con una forza argomentativa ed esplicativa efficace. Merita di essere letto. Sostanzialmente Volpi riprende le tesi centrali di un libro del socialdemocratico tedesco Rudolf Hilferding (edito nel 1910), secondo cui il capitalismo ha raggiunto la sua fase “finanziaria” e domina il mondo non più con la manifattura ma voi “soldi”; e, sostiene Volpi, grazie alla dimensione, alla forza e alla diffusione dei fondi finanziari (che la globalizzazione ha oggi enormemente favorito e concentrato in una decina di super società che penetrano migliaia di altre imprese nel mondo), il capitalismo finanziario controlla il 25% del PIL mondiale e oltre il 40% delle prime 500 società del mondo.
Una sorta di cartello non dichiarato legalmente grazie a questa penetrazione fa convergere tutti e tutto verso l’arricchimento dei fondi stessi.
In questa maniera il capitalismo finanziario controlla così la società, le economie e la politica di tutti gli stati del mondo. O quasi. Tanto che a questi fondi finanziari (tra cui Black Rock e Vanguard) non importa chi vince le elezioni in Usa o in Europa perché saranno loro comunque a dettare ai presidenti o ai loro ministri la politica da fare.
Ora questa visione turbomarxista del capitalismo finanziario contemporaneo (che avrebbe così finalmente realizzato il marcusiano “mondo ad una dimensione” e marginalizzato i suoi antagonisti, di cui nel testo non c'è traccia) ha una sua indubbia forza evocativa ed esplicativa. Sembra la spiegazione perfetta della presenza del male nel mondo. Ed è talmente suggestiva da essere abbracciata anche da moltissimi cattolici e, a volte, verrebbe da pensare perfino dallo stesso Papa Francesco.
Ma corrisponde (1) alla realtà? 0 (2) è una visione riduttiva e alla fine fuorviante e sterile?
Come cercherò di dimostrare (in breve, spero) opto per l’opzione (2).
Perché?
Per alcune ragioni che esporrò rapidamente. Eccole. Il libro è ricco di temi anche dettagliati (dalla penetrazione dei fondi nei gangli della vita economica alle multiutility, dai finanziamenti alla sanità pubblica agli interventi in ambito bancario, con una marea di annotazioni interessanti).
Ma tutti i dettagli riportano alla tesi centrale che è il grande capitale finanziario a muovere tutto. E tutti altri attori sono suoi burattini
Ora il capitalismo finanziario esiste? Certo. E ha un grandissimo potere. Costituisce in parte un soggetto extrastatale che, insieme ad altre entità internazionalizzate, esercita un ruolo da protagonista nell’economia mondiale. Condiziona gli Stati e ovviamente i popoli. Ma, a mio avviso, non è il padrone del mondo. O non lo è da solo.
I padroni del mondo, ammesso che questo concetto abbia un senso concreto, sono gli STATI, soprattutto i grandi stati (per potenza economica, militare, scientifica e demografica), a cui però Volpi dedica pochissima attenzione perché altrimenti la sua tesi centrale diventerebbe meno potente. In realtà è l’insieme variegato degli Stati (tipo Usa, Cina, Russia, India, alcuni stati europei, Giaccone, Israele, ecc.), il loro posizionarsi sui mercati mondiali, e l’intreccio che gli stati grandi e piccoli tessono coi grandi capitali a definire i macro giochi mondiali, inclusi quelli economici finanziari. Ma una visione così complessa non consente vere riduzioni analitiche. Ma Volpi tiene poco conto della geografia e delle diversità del sistema mondo che, pur se unificato da complessi processi di globalizzazione, mantiene differenze enormi tra le varie macro e microaree. E dove il gioco tra liberismo e protezionismo produce aggiustamenti continui tra stati e mercati e fa oscillare per dirla con Wallerstein in sistema mondo. Che è un sistema su scale globale sostanzialmente acefalo.
Ovviamente alcuni stati sono fortissimi (Usa, Cina, Russia), per ragioni economiche, ma anche demografiche, militari, politiche e culturali. Altri più deboli, ma sempre potenti su base regionale (India, Giappone, Germania, UK, Francia, Israele, ecc.). Altri molto più deboli. E a scendere. Ma per quanto deboli e ricattabili, il destino dei popoli, dei mercati, delle democrazie e dei sistemi totalitari (perché sono tutti concetti che vanno declinati al plurale) si gioca in forme diverse dentro i singoli Stati o in aggregati tra stati, come ad es. sono le associazioni interstatali (ad es. l’Europa). Un destino certo condizionato anche dal capitalismo finanziario e dalle 10 prime sorelle di cui parla Volpi. Ma non solo.
In Cina ad. esempio la qualità del mercato e della democrazia non la definisce il capitalismo finanziario quotato nelle borse occidentali. Se non in forme modeste. Lo stesso sembra valere anche per altri Stati (Russia, India, Giappone, Usa, ecc.).
Anche i popoli, le forze politiche, le forze militari, le tradizioni storiche, culturali e religiose hanno un ruolo, che Volpi, però, per sostenere la sua tesi, sottovaluta.
Ma davvero le sole dinamiche del capitalismo finanziario possono spiegarci la crisi del medio oriente o la crisi Russo/Ucraina? Credo di no.
Certo è evidente che se svuotiamo la contemporaneità dal protagonismo caotico degli Stati, della politica e quindi della storia, con la loro tragica ricchezza e articolazioni, non restano che i soldi. Ma è davvero cosi?
Aggiungo che il riduzionismo suggestivo del paradigma dei “padroni del mondo”, che controllando i principali fondi finanziari controllano tutto e tutti, oltre che fuorviante è sterile.
Sterile perché mentre il capitalismo manifatturiero creava i suoi antagonisti (il proletariato, poi i partiti socialisti, cattolici e comunisti), quello finanziario, crea masse anestetizzate, poco ribelli e poco politicizzate.
Tra l’altro pur aumentando le diseguaglianze, farebbe crescere una enorme massa centrale di persone che se non è ricca non è nemmeno povera. E anche la parre povera lo è in forma contemporanea, ovvero in una maniera in cui anche i fenomeni di alienazione sono vissuti con minore drammaticità. O almeno così mi sembra.
Infine se davvero l’umanità fosse di fronte ad un Moloch delle dimensioni e delle forze totalitaria narrate da Volpi che resterebbe da fare a uomini pur consapevoli se non arrendersi?
Detto questo, vale comunque la pena di leggere il libro di Alessandro Volpi e di andare a sentire le riflessioni che presenterà lui stesso venerdì 22 novembre a Pontedera alle ore 18 presso il Centro delle Mantellate, in un evento voluto dalla Tavola della Pace e dalle Acli, col patrocinio del comune di Pontedera.