Ragionando con amici pontederesi appassionati di teatro, è stato impossibile non commentare la prossima stagione del Teatro Era.
Annunciata in ritardo? E' così.
Neppure presentata con una conferenza stampa come da tradizione? Non si può negare.
Non particolarmente brillante? Così sembrerebbe.
Senza sfide sulla ricerca teatrale? Come negarlo.
Da qui diverse bocche storte.
Io condivido le annotazioni degli amici, ma siccome temevo il peggio (e il peggio sarebbe stato una piccola catastrofe culturale, anche se certo non paragonabile ai bombardamenti su Gaza o sul Libano), tutto sommato sono contento.
Il sipario si alza. La grande sala si apre.
C’è perfino uno sforzo per riprovare a portare a teatro i ragazzi delle scuole, la mattina. Positivo.
Aggiungo che negli ultimi tempi questa amministrazione comunale ha mandato timidi segnali che suggeriscono l’idea che il teatro Era dovrebbe recuperare una maggiore autonomia rispetto al centralismo imposto anche a Pontedera dalla gestione a trazione fiorentina.
Del resto il Teatro Nazionale della Toscana non potrà trattare a lungo Pontedera e Rifredi come due dependance, privandole di libertà di movimento e mortificandone la personalità. Perché i teatri senz’anima, lo sanno tutti, prima o poi muoiono.
Ora, sia chiaro, non si tratta per Pontedera di lasciare il Teatro della Toscana. Niente di tutto questo. Ma di riuscire ad affiancare ad una proposta teatrale classica (modello ex Cinema Roma), veicolata dal Teatro Nazionale, un insieme di altre attività e prodotti culturali che il territorio offre e provare a tornare anche a: 1) produrre ricerca teatrale originale (il Crst e lo workshop sono defunti, ma ci sono attori, registi ed energie professionali per innovare e fare ricerca); 2) valorizzare risorse e gruppi teatrali locali; 3) fare teatro con le scuole e non solo per le scuole (ripartendo dal teatro per e coi bambini e ragazzi); 4) coinvolgere nella gestione di una parte del teatro il mondo associativo culturale locale e non solo; 5) usare il teatro come grande contenitore per eventi culturali, non solo a disposizione di Ecofor Service, ma anche di altri soggetti presenti sul territorio.
Utopie? Può darsi. Ma appena due anni fa di queste cose parlavano “clandestinamente” solo poche persone ed oggi invece si comincia a sperimentarle, sia pure alla buona e senza dichiararlo.
Certo per procedere nel senso giusto c’è bisogno di un' opinione pubblica e di forze politiche locali che facciano sentire la loro voce e recitino la loro parte. Ma qualcosa si sta muovendo.
L’idea che il Teatro Era debba tornare ad essere un po' più diretto dai pontederesi e un po' meno eterodiretto da Firenze si sta facendo strada.
E se guardo la sensibilità e l’attenzione che verso il teatro Era stanno mostrando anche le opposizioni di sinistra e quelle di destra, non posso che essere ottimista.
Certo sono dispiaciuto che questa stagione teatrale non sia stata presentata pubblicamente con un confronto tra amministrazione e spettatori. Sarebbe stata un’occasione per ribadire questo sentimento e questo percorso. Ma che questi amministratori non vogliano condividere un bel niente con chi non li ha votati e vogliano fare quello che gli pare (e lo vogliano fare solo coi loro amici) è del tutto evidente.
Sono poi particolarmente dispiaciuto che il costo dei biglietti per il teatro Era sia stato aumentato del 10% rispetto allo scorso anno.
Ma, menomale che la stagione si farà.
Perciò mi auguro:
Che il pubblico pontederese possa utilizzare in massa questo spazio meraviglioso.
Che si possa dire che a Pontedera la tradizione teatrale resiste e lotta per recuperare una forza, una qualità e una originalità che aveva fino a qualche anno fa e che può tornare a mostrare.
Che il teatro si possa aprire a tutti quelli che vogliono fare teatro.
Perché il teatro è formativo ed è anche un potente strumento democratico e di integrazione se lo si pratica e non solo se lo si guarda da spettatori.
Ma intanto meno male che anche quest'anno la stagione al Teatro Era c’è.
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