sabato 29 novembre 2025

DONALD SECONDO MASSINI

Lette le anticipazioni del testo di Massini apparse su la Repubblica, letta la versione a stampa della ballata di Donald uscita per i tipi di Einaudi, il monologo non mi è arrivato addosso inaspettato. Avevo sperato in meglio, ma non mi sono stupito che lo spettacolo non riuscisse mai a decollare e alla fine terminasse con l’appello alle formichine che ho trovato uggiosamente scontato.

Un attore solo al comando ha infatti raccontato la storia di Trump (colto nella fase prima di entrare nel mondo delle TV e prima di scalare non una ma ben due volte la Casa Bianca) limitandosi a confermare più che la “banalità” verrebbe da dire la “stupidità” del male, tipico di una società e di una umanità fortemente orientata agli affari.

Ma ripetuto più volte il refrain del golden boy e pur cercando di introdurre battute e situazioni alla Brecht, alla Dario Fo e alla Marchese del Grillo, il monologo di Stefano Massini non cattura mai e in un’ora e mezza non strappa che pochi applausi e qualche sorrisetto ad un sala amica per fortuna gremita fino all’inverosimile.

Neppure le trovate sceniche (come la costruzione del flipper e della Trump Tower) e la musica dal vivo che accompagnano il monologo aiutano gli spettatori a stare svegli e a seguire la storia che narra di un narcisista fraudolento patologico che è riuscito a diventare presidente degli Stati Uniti a colpi di furbate e truffe. Perché il succo è questo. Ed è un po' poco.

E la sensazione è che neppure un pubblico  ideologicamente antitrumpiano, come quello pontederese, abbia apprezzato più di tanto lo spettacolo e il personaggio che forse andava scavato di più e costruito meglio, aggredendo il nocciolo vero che è l'ascesa al potere mondiale. Perché Trump questo ha fatto: ha scalato la prima grande potenza del mondo. Ha messo le mani sulla valigetta atomica.

Ovviamente Massini è un grande attore e per oltre un’ora e mezzo si è mosso come un gatto mammone sulla scena tenendo la sua preda tra i denti. E con Trump ha davvero giocato come il gatto con il topo. Regalando certo qualche battuta allusiva, ma emozionando poco e alla fine senza davvero fare capire al pubblico come ha fatto questo biondo megalomane a conquistare l’anima e il voto di circa 80 milioni di elettori americani per ben due volte. E da dove gli venga l’impulso a trasformare una democrazia imperfetta come quella statunitense in una monarchia imperialista.

Uno spettacolo che delude culturalmente e politicamente. Una rappresentazione che gigioneggia ma non graffia, né morde. Un teatro senza forza su un tema (quello della natura degli uomini di potere) troppo trattato in letteratura per potersi permettere di dire così poco come accade in questo Donald.

Eppure se il racconto è insufficiente, la prova di attore di Massini è invece superlativa. Il mattatore del palcoscenico c’è. E si è visto benissimo. Ma la bravura attoriale (e il narcisismo che l’accompagna) non colma la fragilità di uno spettacolo per lo più monocromatico che non riesce mai ad afferrare il cuore del suo personaggio e a metterlo nelle mani degli spettatori, come l’autore-e-regista, oltre che attore unico, ambirebbe a fare.

Forse quello prodotto dal Teatro della Toscana, in collaborazione col Piccolo di Milano, è uno spettacolo troppo ambizioso che non raggiunge la vetta e che alla fine diventa un po' noioso, ripetitivo e strappa, almeno allo scrivente, irrefrenabili sbadigli. 

Oddio, magari tradotto in inglese e allestito a New York o a Londra lo spettacolo potrebbe produrre una sensazione diversa. E forse Massini, autore giustamente internazionale, è proprio a quel pubblico che ha pensato nel costruire questa performance.

Tornando però a Pontedera, si, certo, alla fine (ma solo alla fine) in sala gli applausi non sono mancati. Ma erano applausi antitrumpiani e forse antimeloniani o di apprezzamento per lo spettacolo teatrale? O erano un tributo all’intensa e faticosa prova di attore del cinquantenne Massini?

Difficile rispondere con sicurezza.

Certo Massini non aggiunge davvero nulla al bombardamento di trumpate a cui noi formichine siamo quotidianamente sottoposte in questo paese vassallo dell’imperatore. Né ci fornisce alcun antidoto alla barbarie mondiale che avanza. Ma di questo non gli si può fare certo una colpa.

Ma un'ultima cosa vorrei infine che fosse chiara: ce ne fossero di autori, attori e registi come Massini. E la Pergola e Pontedera sono fortunati ad averlo anche come direttore artistico e uomo immagine del Teatro della Toscana. 


venerdì 28 novembre 2025

ATELIER DELLA ROBOTICA. IL COMUNE SI PREPARA AL CONTENZIOSO

Come previsto, non solo il progetto dell’Atelier della Robotica non va avanti, ma siamo arrivati alle soglie di un contenzioso che probabilmente lo investirà. Con danni, spese legali e altro tempo perso.

Lo annuncia la determina n. 1169 del 19.11.2025 del comune di Pontedera che formalizza ad un noto studio di avvocati fiorentini l’“incarico di assistenza stragiudiziale” per sostenere una probabile causa a fronte del procedimento “di recesso/risoluzione del contratto relativo all’Atelier della Robotica” attuato dal comune di Pontedera nei confronti della ditta che aveva iniziato i lavori sui capannoni dove sarebbe dovuto sorgere l’ATELIER e dove, invece, tra qualche anno, forse, apparirà un bel parcheggio. Forse.

Per farsi assistere negli atti amministrativi il comune impegna intanto circa 4.500 €  per dare l’incarico agli avvocati di studiare le carte del “recesso” per fare uscire il comune fuori da questo gran garbuglio.

Piccola somma, si dirà. Vero. Ma se la causa diventerà più complicata, la determinata prevede che la parcella degli avvocati potrà crescere.

E comunque questo è il minimo, perché la medesima determina informa che la controversia sul contratto che il comune va a rescindere potrebbe comportare, visto l’importo dell’appalto, una cifra tra i 260.000 e i 520.000 euri. Una bella batosta, se la causa verrà intentata e se verrà persa dal Comune.

Ma c’è la possibilità di perderla la causa?

Beh, nella determina si dice che la rescissione è stata voluta dal Comune perché il progetto originario messo in appalto e parzialmente avviato non andava più bene (al comune) e il Comune, in accordo con la Regione e coi futuri soggetti gestori dell'Atelier, costruirà l’Atelier in un altro posto, nello spazio già pensato per il parcheggio multipiano (su cui, per altro, insiste già un contenzioso e su cui si sono già spesi soldi per avvocati). 

Riassumendo. C’è qualche concreta possibilità che il contenzioso e la causa sull’appalto collegato con l’Atelier vengano attivati e persi. E che questo si sommi al contenzioso del parcheggio multipiano.

Ovviamente speriamo che il Comune se la cavi e che le spese siano minime, ma fa tanta tenerezza rileggere oggi l’articolo del luglio 2020 di QUINEWSVALDERA (che allego) in cui l’assessore Mattia Belli, portavoce della Giunta guidata dal sindaco Matteo Franconi, annunciava, 5 anni fa, le magnifiche sorti e progressive del Viale Rinaldo Piaggio, magnifiche sorti che nel giro di pochi anni non solo sono quasi TUTTE svanite, ma si sono aggravate con la chiusura dei parcheggi attorno alla biblioteca Gronchi e con la chiusura da 3 anni e mezzo di via Maestri del lavoro: una chiusura quest’ultima che crea discrete difficoltà di collegamento tra stazione ferroviaria e parcheggio ospedaliero e che il comune risolverà, tramite la SIAT, con un intervento costosissimo e sul cui avvio (più volte annunciato e più volte rinviato) non ci sono, per ora, certezze. 

Certo in consiglio comunale l’assessore Belli continua a dire, come fa Giorgia Meloni coi centri in Albania, che i lavori sul viale Piaggio ci saranno. Ce lo auguriamo, ovviamente.

Intanto però i suoi dirigenti si preparano ai contenziosi sugli appalti andati male, mentre il consiglio comunale stanzia 25.000 € per "ridefinire" il progetto Atelier.

Eh sì, come ha detto l’assessore Belli ieri almeno una decina di volte in consiglio, la situazione è davvero molto complessa.


mercoledì 26 novembre 2025

BANKSY E LA STAMPA PONTADERESE

Mi ripeto? Si, mi ripeto. Il fatto è che sono passate ormai quasi 3 settimane dalla chiusura della mostra Banksy a Pontedera senza che vengano rilasciati i dati sui visitatori paganti e questo silenzio tombale imposto dal Palazzo inquieta.

E' una piccola cosa? Piccolissima. Ma è un segnale, una spia, del pessimo stato di salute della democrazia locale.

E colpisce che anche sulla stampa locale domini un silenzio assordante. Se non mi sono perso qualche articolo o servizio né la cronaca locale de IL TIRRENO, né quella de LA NAZIONE, né QUINEWSVALDERA, né  la TV web RETE VALDERA hanno scritto un breve articolo o prodotto un servizio di chiusura su un evento culturale presentato come rilevante per la città e inaugurato con la presenza anche dell’assessora regionale Alessandra Nardini. 

Mi chiedo: che senso ha anche il loro silenzio?

Nessuno dei summenzionati organi di stampa ha sottolineato la mancanza di informazioni sulla mostra di Banksy. Immagino che qualche giornalista locale possa essersi spinto a chiederne conto all’assessore alla cultura. Ma, se ha ricevuto un diniego, oltre non è andato.

Ed in effetti in relazione alle questioni di cui trattano quotidianamente le testate giornalistiche sopra indicate, far sapere ai lettori se una mostra (durata 4 mesi) al PALP ha attirato 2,3 o 4000 persone è un’informazione di poco conto. O qualcosa i numeri dicono? 

Certo viene il sospetto che l’assordante silenzio giornalistico sia dovuto anche al fatto che nel momento in cui i numeri certificassero il flop dell’evento questo potrebbe suonare (sia pure senza alcuna volontà da parte degli organi di stampa) come una velata critica alle politiche culturali e alle capacità organizzative dell’amministrazione.

Fatto sta che, assecondando involontariamente l’amministrazione comunale nel suo proposito di fare cadere in un oblio tombale la mostra (lo stesso oblio in cui Palazzo Stefanelli aveva sepolto anche il flop della mostra precedente dedicata a Dal Canto), la stampa locale all’unisono tace e asseconda l’atteggiamento di chi governa.

lunedì 24 novembre 2025

IL REALISMO POLITICO DI JOHN MEARSHEIMER SULL’UCRAINA

Una settimana prima che Trump annunciasse la propria e forse putiniana proposta di pace da imporre a Zelensky e alla UE, si è verificato nel Parlamento europeo un evento “curioso”. 

Il gruppo dei PATRIOTI (che include la Lega, Vox e RN di Le Pen) ha invitato per una conferenza il prof. John J. MEARSHEIMER, docente all’Università di Chicago, un politologo americano tra i massimi esperti di relazioni internazionali. Uno dei più accreditati rappresentanti della scuola del “realismo politico”, ma non proprio di simpatizzante di destra.

Il tema da trattare: che fare con la guerra in Ucraina.

La tesi di Mearsheimer sull’argomento sono note da tempo e altrettanto note sono le sue ricette. Secondo il professore dell’Illinois la guerra in Ucraina è stata una reazione all'avvicinarsi della NATO (e della UE) alle porte di Mosca e Putin aveva mandato molti segnali a Usa ed EU che non avrebbe accettato l'occidentalizzazione di Kiev. Una tesi a cui aveva alluso anche Papa Francesco, quando aveva parlato dei cani (della NATO) che abbaiavano alle porte della Russia.

Quanto al come uscire da questa situazione drammatica, soprattutto rispondendo alle domande, J. Mearsheimer ha sostenuto che Zelensky dovrebbe sostanzialmente accettare di negoziare sulle attuali richieste di Putin. Una soluzione che lo stesso papa Francesco, parlando del coraggio di negoziare (e di accettare la sconfitta), aveva evocato già nel marzo del 2024. 

Certo, negoziare da posizioni di estrema debolezza sarebbe una grande sconfitta per Zelensky, ma questo, secondo Mearscheimer, potrebbe permettergli di salvare uno stato, quello Ucraino, che (sempre secondo M. e papa Francesco) non aveva e non sembra avere la possibilità di vincere la guerra contro i russi. I russi poi secondo Mearscheimer non vorrebbero occupare tutta l’Ucraina, ma sarebbero disposti a danneggiarla gravemente pur di neutralizzarla. E, ha aggiunto Mearsheimer, la prosecuzione della guerra peggiorerà la situazione dell’Ucraina e renderà il paese sempre più "disfunzionale". Ovviamente anche una soluzione pacifica del conflitto avrà costi enormi per l’Europa e ripercussioni gravi sulle sue relazioni con gli Usa. Ma, sostiene M., trattare anche da posizione svantaggiata è sempre meglio che continuare il conflitto.

Alla base dell’analisi di M. c'è una critica radicale alla strategia degli Usa (e degli alleati europei) di esportare la liberaldemocrazia nel mondo. Una tesi che, secondo lui, si è dimostrata catastrofica.

Le linee generali della teoria di Mearsheimer sono esposti analiticamente in due sue opere di notevole spessore: 1 La tragedia delle grandi potenze (Luiss, 2019); 2. La grande illusione (Luiss, 2019). 

La lunga conferenza di M. al Parlamento europeo contiene una miriade di spunti di riflessione (anche sul ruolo dell’Europa) e si può vedere e ascoltare (con il dibattito) su YouTube al seguente indirizzo:

https://youtu.be/wnnOQefj0Uc?si=Zx_4uBIT-3fnDOfZ


sabato 22 novembre 2025

CHI HA PAURA DEI NUMERI DI BANKSY BANSKY?

A 2 settimane dalla chiusura della mostra di Banksy & Friends al PALP, nessun comunicato è stato emesso né dalla Fondazione Cultura, né dal Comune di Pontedera per presentare un bilancio quantitativo e qualitativo dell’evento. 

Niente numeri. Niente riflessioni. Niente valutazioni. Niente di niente. Come se una mostra durata 4 mesi e molto pompata, almeno sui social, con tanto di conto alla rovescia negli ultimi giorni di apertura, non fosse mai accaduta. Dimenticata. Divorata nel presentismo che domina.

Lo so bene: i numeri non sono tutto. Ma se in politica tutto si può dire tranne i numeri, non ci sarà mai modo di aggrapparsi a qualche certezza per esprimere valutazioni un po' più serie.

I numeri e, come sostenevano già nel Medioevo, le ragioni vanno insieme. Una politica moderna, anche locale, dovrebbe partire da lì.

Ma allora perché la Fondazione Cultura (braccio operativo dell’amministrazione) e il Comune si comportano così? 

Di cosa hanno paura nel rivelare i numeri sicuramente rilevati?

Cosa spinge Fondazione e Comune a oscurare quanti paganti abbia registrato Banksy a Pontedera?

Sfuggire a queste domande, sembra un atteggiamento un po' alla Meloni. Anche la premier dichiara infatti di apprezzare le critiche, ma poi si rifiuta di rispondere a chi le fa le domande scomode.

Che al fondo ci sia la paura di farsi valutare? 

E se è così, quale è la ragione di questa paura?

Il presidente della Fondazione cultura è appena stato promosso anche presidente di ECOFOR service, mentre il sindaco e il suo assessore alla cultura sono stati rieletti un anno fa nel ruolo. Nessun dato, anche il più catastrofico, sulla mostra Banksy può far traballare le loro poltrone, nè quelle delle new entry nel CDA della fondazione. Nessuno "scossone" li minaccia. 

Eppure tacciono, anche di fronte ai giornalisti locali che immagino abbiano chiesto loro questi dati.

Ma chi gestisce istituzioni pubbliche come fa a non sentire quanto sarebbe opportuno invece rispondere alle domande dei cittadini? 

Anche dei più rompiscatole, come lo scrivente vecchietto da tastiera. 

Ci si è forse già dimenticati di quando lo si incoraggiava a insistere?

giovedì 20 novembre 2025

VIALE PIAGGIO. IL PROGETTO MEZZO FRANATO

Ma se hanno paura di dare i numeri catastrofici della mostra di Bansky & Amici, se non riescono a far partire i lavori sui parcheggi della biblioteca (che dopo 50 anni, nel 2025, farà meno prestiti librari di Pisa SMS), se non riescono a risolvere lo scandalo dei troppi edifici pubblici inutilizzati (vedi scuola Curtatone), se si fanno "bocciare" dalla stessa amica Regione il nuovo piano regolatore, potevano mai riuscire a gestire bene un progetto complicato come quello del viale Piaggio, propagandato per due mandati elettorali dagli “oligarchetti” del centro-sinistra pontederese, col consenso politico di un partito che esiste solo per rastrellare consensi, gestire il micropotere locale e favorire folgoranti carriere?

Direi proprio di NO.

E non è finita qui. Perché la caduta del castello progettuale avrà probabilmente un costo salato (via Tari e altro) per il grosso della comunità e delle frazioni, la cui sfortuna è di guardare a tutto questo con occhi imbambolati, o distratti e scettici, continuando, almeno in parte, a pensare che gli artefici dello sfarinamento urbanistico siano pur sempre i “migliori”. Già, i migliori.

Certo sarebbe interessante sapere che fine abbiano fatto tutte le chiacchiere profuse nei famosi dialoghi urbani e che bilancio ne traggano gli attavolati di allora. 

E chissà se questi dialoghi prevedevano anche il ridondante ed emblematico cantiere frontecimiteriale oppure no.

Ma non credo che anche da questo versante arriveranno risposte. Perché gli agglutinati attorno al famiglio politico dominante sanno che possono solo battere le mani o mugugnare in privato. 

Criticare, chiedere spiegazioni e “numeri” è severamente vietato per chi voglia continuare a fare parte non solo del cerchio magico degli amici (ed ambire quindi a incarichi e prebende), ma anche per chi desideri almeno mantenersi nel secondo cerchio (quello di chi può chiedere favori) e non essere scaraventato tra gli ignorati o, peggio ancora, tra  i reietti.

Quello che continua invece a meravigliarmi (ma, data l’età, non più di tanto) è il silenzio degli architetti giovani e un po' fuori dai cerchi. Da queste figure di dannati, nel secolo scorso, un po' di idee critiche e alternative erano venute fuori. Magari perché incoraggiati da un’associazione come Legambiente Valdera, oggi confinata in una fase che oscilla tra mindfulness e fitness, che farà di sicuro bene agli attempati soci e socie, ma che sembra avere poco impatto sull’ambiente circostante.

Poi ci sono le opposizioni, che dovrebbero scavare con metodo, con civismo e continuità in queste macerie urbane per dimostrare che hanno uomini, donne e idee progettuali valide per rimediare; opposizioni che dovrebbero dialogare coi cittadini, se vogliono seriamente accreditarsi per rilanciare la città e non limitarsi a sporadiche lagnanze. 

Operazione assai difficile quella di accreditatsi, perché quelli che hanno in mano oggi il potere locale (gli oligarchetti) sono un pugno di uomini e donne sveglio, di discreta abilità e astuzia politica e saldamente ancorati agli interessi che contano.

mercoledì 19 novembre 2025

I NUMERI DELLA MOSTRA BANKSY SONO UNA QUESTIONE DI DEMOCRAZIA

Si, lo so, conoscere i numeri della mostra Bansky e della mostra di Babb non risolverà i problemi sociali e urbanistici di Pontedera e neppure quelli culturali. Me lo hanno ripetuto gli amici che mi invitano a non insistere.

Io però penso che la mancata comunicazione dei visitatori sia un segnale dello stato di salute della democrazia locale. Modesto. Come dimostra anche la comica vicenda familistica delle autosospensioni poi rientrate in casa del partito pigliatutto.

Non dare i numeri è un segnale di arroccamento che una maggioranza di centro sinistra non dovrebbe permettersi.

I cittadini hanno il diritto di valutare se la mostra ha raggiunto il pubblico, ha reso la città più attrattiva, ha centrato o meno gli obiettivi che l'amministrazione comunale si è data. È stata costruita una apposita Fondazione per gestire il PALP. Come si valuta il suo operato senza dati?

L’ostinazione nel non presentare pubblicamente un bilancio dell’iniziativa lascia supporre che la mostra Bansky sia andata malino (se fosse andata bene i numeri sarebbero già stati gridati su tutti i social possibili). 

E comunque sottrarsi ai numeri vuol dire che i nostri amministratori di centro sinistra si comportano come la Meloni. Antifascismo a parte, come lei non gradiscono le domande e le verifiche sul loro operato.

E su quali basi allora il cittadino potrebbe farsi un’idea della bravura degli amministratori e degli amici che mettono a gestire le società partecipate o interamente controllate? Solo quelle ideologico familiari?

Un mio amico sostiene che i nostri amministratori sono i migliori sulla piazza e che ad attaccarli si fa il gioco degli altri che, sempre secondo lui, sono peggio. Molto peggio. 

Io non lo so se gli altri sono peggio, ma mi piacerebbe che i migliori dimostrassero di essere davvero i migliori e intanto tirassero fuori i numeri sulle mostre e rispondessero alle domande.

sabato 15 novembre 2025

MA SINDACI E PD DELLA VALDERA ANDRANNO PENTITI A CANOSSA?

Dopo un lungo tira e molla la candidata pisana prorogata dal PD alle ultime elezioni regionali è stata rieletta. Con una valanga di preferenze. E poi rinominata assessora da Giani (col sostegno, si dice, della Schlein e il dispetto, si dice, di alcuni ex sindaci PD di importanti comuni toscani, diventati sì consiglieri regionali, ma senza assessorato). Complimenti e auguri.

A questo punto però il PD pontederese e diversi sindaci della Valdera, che avevano dichiarato, a settembre, che con la candidata originaria di Capannoli la Valdera e Pontedera non sarebbero stati abbastanza rappresentati in regione, ora hanno un problema.

Per superarlo dovranno almeno dichiararsi pentiti. Forse chiederle scusa. O  provare a buttarla in fallo, magari sostenendo che avevano solo scherzato.

Altrimenti con che faccia nei prossimi mesi si presenteranno davanti a lei in regione a chiederle risorse per i vari progetti della Valdera? 

E soprattutto con che faccia torneranno ad abbracciarsi, sorridersi e baciarsi alle varie inaugurazioni o negli incontri pubblici?

E lei, la rinominata assessora regionale, con quali pensieri e sentimenti li accoglierà, sapendo che poche settimane prima quei sindaci e il PD pontederese hanno provato a farle lo sgambetto?

Potrà mai perdonarli? In fondo sono tutti uomini e donne del suo stesso partito. Amici e compagni.

Ma potrà dimenticare che alcuni di loro si erano perfino autosospesi dal PD per sostenere una candidatura che avrebbe potuto fare saltare la sua carriera politica? 

Potrà dimenticare che il PD pontederese per questa ragione aveva bloccato le feste cittadine dell’Unità? 

Potrà scordare che addirittura l’intera giunta comunale pontederese si era autosospesa dal PD per protesta, mentre il PD pontederese polemizzava pubblicamente con lei per il suo “silenzio” sulla candidata esclusa dalle liste elettorali?

Già, l’autosospensione: com’è finita poi?

A tarallucci e vino?

mercoledì 12 novembre 2025

TUTTI I NUMERI DI BANKSY & AMICI

Nella mostra tenuta un anno fa nella vicina Volterra e dedicata a Banksy si raggiunsero oltre 60.000 visitatori. Tutti rigorosamente paganti.

E in quella di Banksy & Friends al PALP di Pontedera quanti sono stati i paganti? 

La Fondazione Cultura, strumento operativo del comune di Pontedera, si rifiutò lo scorso anno, in accordo con l’amministrazione comunale, di rivelare quanti visitatori aveva avuto l’esposizione dedicata a Giorgio Dal Canto e di certificare, dati alla mano, il flop di quella mostra (almeno dal punto di vista del gradimento del pubblico: ammesso che per un comune di centro sinistra questo gradimento conti ancora qualcosa). Flop che valeva anche per la sbandierata attrattività turistico-commerciale dell’evento, che anche sotto questo profilo risultò in-si-gni-fi-can-te. 

E oggi, con Banksy & Amici com'è andata? Beh, il sentore è che, nonostante il rinnovo dell’assetto direttivo della Fondazione, si continuino a organizzare eventi che non funzionano come attrattori né culturali né economici. Da qui la difficoltà a rendere pubblici i dati.

Sì, perché l'unico modo per capire se la mostra pontederese può legare o meno le scarpe a quella banksyana di Volterra è ragionare sul numero dei biglietti staccati. Qui non si parla di qualità dell’evento, ovviamente, ma di attrattività.

Quest’anno per altro si è avuto il coraggio al PALP di mettere un biglietto significativo di ingresso. E si è fatto bene. Ora però si dovrebbe avere anche il coraggio civico, che per una istituzione pubblica dovrebbe essere un obbligo morale, di fornire i numeri dei visitatori paganti complessivi.

E aggiungo che sarebbe una buona cosa se la Fondazione fornisse perfino il bilancio economico e sociale globale dell’evento. Costi e ricavi.

Ma la Fondazione Cultura e il Comune sentiranno questo obbligo? O troveranno questa richiesta melonianamente fastidiosa?

Nei prossimi giorni si saprà.

Certo, se Fondazione e Comune tacessero sarebbe il segno di un quarto flop clamoroso consecutivo delle mostre del Palp, perché sarebbe impossibile non collegare il silenzio con un numero di presenze davvero in-si-gni-fi-can-ti e con effetti non percepibili dalla città.

lunedì 10 novembre 2025

UN DIBATTITO CIVILE IN CONSIGLIO SULLE FOIBE


Ho ascoltato in streaming il lungo dibattito avviato da Nicolò Stella, di Fratelli d’Italia, sul tema delle FOIBE in consiglio comunale a Pontedera alcune giorni fa. 
Tutto è partito con una mozione apparentemente innocua volta a installare e dipingere una panchina coi tre colori nazionali, in memoria degli assassinati italiani nelle foibe giuliano-dalmate. Ma ovviamente l’esito del dibattito (largamente prevedibile su un tema divisivo da decenni come questo) è stato di riconfermare le identità politiche dei consiglieri del centrodestra e del centrosinistra, riattizzando polemiche che, al di là della migliori intenzioni, continuano a covare sotto la cenere.
Si, è vero, Stella ha richiamato anche l’idea di una riappacificazione politica nazionale e altri, sempre da destra, hanno aggiunto che Togliatti fu più sensibile alla riappacificazione rispetto ai consiglieri del PD pontederese di oggi, ma obiettivamente la mozione presentata e il tono degli interventi di destra e di sinistra non potevano che portare a ribadire ciascuno le proprie posizioni ideologiche.
Allora questi dibattiti sono inutili? Niente affatto. 
Ma servono solo a rafforzare le identità di gruppo. O a trovare compromessi transitori tra avversari. Perché nessuno si può aspettare che un dibattito consiliare su temi così controversi e divisivi faccia davvero riavvicinare uomini e donne che usano questi stessi argomenti, fuori dal consiglio, proprio per agitare e mobilitare i propri elettori.
Tuttavia va detto che, a parte qualche lieve intemperanza verbale (ma davvero lieve), i numerosi intervenuti non hanno mai tracimato. E questo fa onore ai nostri rappresentanti. Ne è uscita insomma una discussione civile pur tra posizioni nettamente contrapposte. Il massimo che si potesse ottenere tra persone “fedeli alla maglia" e psicologicamente oltre che politicamente consolidate nel loro modo di interpretare la storia e la politica nazionale e locale.
Del resto se al conflitto politico (anche locale) si togliesse la possibilità di semplificare e di darsi del fascista o dell’antifascista, del conservatore o del progressista, si finirebbe in una melassa incomprensibile.
Ma per fortuna un simile rischio per ora non c'è. 
E forse non nasceranno mai italiani che guarderanno al passato senza sentirsi un po' guelfi o un po' ghibellini. Specialmente in Toscana.

giovedì 6 novembre 2025

TEATRO ERA: I LOVE JERRY O QUASI

Quando circa tre anni fa cominciai a chiedere pubblicamente che il Teatro Era si aprisse di più alla città e alla domanda e all’offerta di cultura espressa dal territorio, non immaginavo che sarebbe successo tutto questo e in così poco tempo. Anche perché autorevoli esponenti del potere cittadino mi spiegarono allora (e anche dopo) che no, il teatro Era, per il suo carattere nazionale, per la sua struttura speciale, per i suoi costi di base non poteva accogliere il variegato mondo culturale cittadino. Viveva di luce propria.

Si, questa tesi me la spiegarono in diversi, perché io insistevo a dire che nel nostro teatro si poteva fare molto di più, incluso spettacoli musicali, opere liriche, formazione e davvero tanto altro.

Poi sono cambiati gli assetti del Teatro della Toscana. E' arrivato Massini. Uscito di scena il vecchio direttore responsabile. E' giunta in città anche la Fondazione Fabbrica Europa. E il declassamento (almeno temporaneo) del Teatro. Lo scontro col Ministero alla Cultura.

Così non mi sono meravigliato quando in questi mesi ho saputo che al Teatro Era si sarebbe organizzata una festa notturna per Halloween, e ancora la festa induista della luce, e  poi spettacoli alla Dj show, e finalmente allestita una serata per l’ultimo dell’anno. Un capodanno a teatro, come da tempo fanno a Bientina, a Casciana Terme e a San Miniato no, ma perché i sanminiatesi il loro teatro ottocentesco non sono mai riusciti a ricostruirlo nel dopoguerra, mentre i pontederesi hanno ricostruito una cittadella del teatro e utilizzarla poco è un’assurdità.

Certo, visto lo status pontederese di teatro "nazionale", mi sarei aspettato uno spettacolo classico di alto profilo culturale. Oppure, in sintonia con la tradizione di ricerca teatrale di Pontedera, che sta tra Barba, Grotowski, Bacci e Santeramo, una serata ai confini della provocazione scenica, ma sempre di alto livello.

Poi ho appreso che il Teatro Era finirà l’anno con uno show di Jerry Calà, che di sicuro il nostro scomparso cinema Massimo e forse il cinema-teatro Roma (ora trasformato in sede di attività e formazione musicali) non avrebbero disdegnato. Allora ho pensato ad un segnale di pace da inviare al Ministro Giuli. Invece niente di tutto ciò.

Ho scoperto infatti che la serata non la organizza il Teatro della Toscana. Bensì un soggetto terzo: l'associazione Fabbrica Europa. Ovviamente in accordo e ipotizzo su richiesta del Comune di Pontedera, che, non predisponendo quest’anno alcun concerto in piazza (ha finito i soldi?), una festicciola per l’ultimo dell’anno sente l’obbligo morale di donarla alla città, ma questa volta a spese dirette dei cittadini. Il biglietto individuale infatti è previsto in 60 euro, ma siccome per acquistarlo si deve passare da un sito online, tra commissioni e altri diritti incomprensibili mi pare che il costo della serata salga a oltre 70 euro a persona, che per vedere Jerry e fare un piccolo brindisi (la cena non è prevista) mi sembra un tantinello eccessivo.

Ora però quello che un vecchietto rompiscatole come me si chiede è perché il Comune e Fabbrica Europa non abbiano coinvolto un’associazione culturale cittadina, magari a carattere musicale, per organizzare il veglione. Già, perché?

Comunque è già così innovativo che il Teatro Era, sia pure attraverso il Comune e un’associazione esterna, metta a disposizione la struttura e organizzi una serata di fine anno, che, dai, va bene anche Jerry. Non facciamo troppo gli schizzinosi.

Il problema invece è nato con alcuni miei amici. Altri terribili spocchiosi vecchietti che quando ho detto loro che pur di andare a teatro avrei accettato anche Jerry, sborsando i 70 euro richiesti (non mi pare siano previsti sconti Coop o per over 65) e sostenendo che comunque era un evento straordinario questa apertura teatrale, mi hanno guardato storto e mi hanno preso in giro, chi sostenendo che mi stavo proprio rammollendo, chi alludendo al mio evidente declino mentale.

Beh, non lo so se abbiano ragione loro. Ma considero il veglione a teatro una piccola conquista cittadina. Un semino che spero dia frutti in futuro. E anche se avrei preferito qualcosa di gestito dalle associazioni culturali del territorio (perché non investire sui nostri giovani?), apprezzo il cambiamento nelle scelte dell’amministrazione.

Quindi, Hurrà per Jerzy!

martedì 4 novembre 2025

TÈ IN BIBLIOTECA ALLA SICILIANA

Nella biblioteca di Utel si prendono in prestito libri, ma si sorseggiano anche tazze di tè e si mangiano pasticcini. E oggi si presentavano alcuni autori siciliani e di questi alcuni romanzi in particolare. L’incipit è con un classico: “il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. E sul Gattopardo è difficile dire qualcosa di originale, a parte che è un capolavoro assoluto e che, come tale, merita di essere letto. Dalle sue pagine esce una Sicilia metafora dell'Italia. E molto altro ancora. 

Poi le bibliotecarie hanno illustrato un paio di libri della Simonetta Agnello Hornby: “Caffè amaro” e “La mennulara”. Entrambi appassionanti, entrambi con la Sicilia come sfondo e come mondo di riferimento. Entrambi di buona qualità letteraria. E per finire hanno presentato “Sabbia nera” di Cristina Cassar Scalia. Un’autrice più recente e contemporanea.

I soci, anzi soprattutto le socie, una trentina, hanno ascoltato con curiosità l’esposizione e alla fine alcune, che si erano già fatte tentare da tè e pasticcini, hanno preso in prestito anche i volumi suggeriti, unendo il piacevole col dilettevole.

HALLOWEEN E LA PONTEDERA MULTICULTURALE

Non mi pare che Pasolini abbia mai scritto niente su Halloween. Di sicuro è stato ucciso (50 anni fa, proprio in questi giorni) ben prima che la festa prendesse piede nel nostro paese e diventasse una ricorrenza molto apprezzata a livello popolare e quindi sostenuta dall’associazionismo, anche commerciale, e dalle autorità locali. Le scuole, soprattutto quelle materne ed elementari, se ne sono innamorate; e da lì piano piano è entrata nelle famiglie e poi ha conquistato le piazze.

Ma “dolcetto o scherzetto” e questo carnevale dei morti sarebbero piaciuti ad uno dei più noti interpreti e critici dell’evoluzione della società italiana? O Pasolini vi avrebbe letto un altro dei segnali di imbarbarimento e della deriva totalitaria della società italiana, indotta e travolta dal consumismo e da tradizioni non autoctone e quindi fasulle? Qualunque sia la risposta, è certo che anche la nostra spensierata cittadina abbia aperto le porte ad Halloween. Nelle scuole. Ma non solo. Il Comune di Pontedera ad es. nel 2024 ci investi’, per finalità di promozione della città, quasi 50.000 € (cfr. Det. 1182/2024).

Quest’anno gli impegni finanziari non sono stati ancora interamente resi noti, ma gli allestimenti si sono visti. E la partecipazione popolare pure. Con appendici speciali nella frazione di Treggiaia, al villaggio Piaggio e presso il Teatro Era (fino a poco tempo fa blindatissimo), il quale Teatro, in particolare, è stato aperto il 31 Ottobre per una festa notturna dedicata ad Halloween (era la prima volta?), andando incontro, immagino, ad una richiesta proveniente dal mondo giovanile o dal business del divertimento. Così, grazie a Halloween, il Teatro nazionale pontederese è stato trasformato (e lo dico apprezzando la cosa) anche in una discoteca, anticipando probabilmente quanto accadrà nello spettacolo “DJ SHOW”, presente nel cartellone ufficiale. Merito forse del "declassamento" che ci impone di cercare anche altre entrate? 

Confesso comunque che al di là dei costi a carico del Comune (che nel 2024 comunque furono spropositati) non ho niente contro i festeggiamenti di Halloween. Né contro una certa cultura horror che l’accompagna e che dilaga non solo da noi (l’Economist ha appena dedicato un articolo sull’imponente business dell’horror).

Aggiungo anzi che Halloween mi è parsa una festa partecipata anche da quei pontederesi le cui famiglie provengono da diversi paesi del mondo e si riconoscono in tradizioni culturali e religiose differenti. Certo, mi sembra che siano stati, come sempre, soprattutto i bambini e i giovani a divertirsi di più. Ma i nuovi italiani sono loro. E a loro toccherà costruire, insieme ai ragazzi nati in famiglie autoctone, l'Italia (e la Pontedera) del futuro.

Ora, tornando a Pasolini, è chiaro che riconoscendosi nei riti di Halloween giovani autoctoni e giovani alloctoni tradiscono le “lucciole” e le radici profonde dei loro padri. E così facendo modificano la loro identità e quella della comunità in cui vivono e al tempo stesso danno vita ad una nuova tradizione (importata qui da altri paesi). Ma, come ci ha insegnato il grande storico Hobsbawm, in fondo tutte le tradizioni, incluse le feste, sono state inventate da qualcuno o importate da fuori. Halloween è solo una di queste.

Ma se funziona e se viene adottata da genti di provenienze diverse, se diventa un punto di incontro per nuove generazioni di origini culturali ed etniche differenti, se unisce e non divide, beh, che Halloween sia! 

Ma, per favore, senza sprecarci troppe risorse pubbliche. Non ce n’è bisogno.

domenica 2 novembre 2025

TRA FAMILISMO E AMICHETTISMO

Il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Nicolò Stella, ha scritto sulla sua pagina facebook un breve post sulla nomina effettuata dal Sindaco di 2 rappresentanti del Comune all'interno del CDA di ECOFOR service. Quest’ultima è una società partecipata dal comune di Pontedera al 28%,  gestisce la discarica e lo smaltimento di rifiuti non pericolosi e impianti di produzione di biogas da rifiuti e altre attività collegate. ECOFOR service versa nelle casse comunali risorse economiche importanti e recentemente si è dotata anche di una propria fondazione culturale. Di fatto è una presenza economica e socioculturale importante in città. 

Stella ha ironizzato sul fatto che il sindaco (di centro sinistra) avesse in questa circostanza agito in maniera simile a certe nomine patrocinate da Arianna Meloni (di centro destra), lasciando intendere che l’amichettismo nelle scelte pubbliche è una caratteristica comune a tutti i politici italiani. Ha perfettamente ragione.

Di fatto lo spoil system, che consente a chi vince le elezioni politiche o amministrative di piazzare i suoi uomini e le sue donne nelle società gestite o partecipate dagli enti pubblici e questo sia a livello nazionale (vedi RAI, ecc.) che regionale e locale, è una regola in uso almeno da quando agli italiani si sono dotati di una democrazia (ovvero dal 1945). 

L’amichettismo è infatti noto nella letteratura scientifica, insieme al clientelismo e ad altri fattori sociali, sotto l’etichetta più ampia di “familismo amorale” che alcuni sociologi stranieri hanno studiato per l’Italia fino dagli anni ‘50 (cfr. Edward Banfield, Le basi morali di una società arretrata).

Per rimanere a Pontedera, negli anni ‘50 ad esempio le sinistre che guidavano il Comune si spartivano regolarmente la presidenza dell’ospedale Lotti (è da lì che cominciò ad es. la sua carriera politica il giovanissimo Giacomo Maccheroni) e fino agli anni ‘90 è impossibile trovare un democristiano (la DC stava all’opposizione) in ruoli di primo piano in società pubbliche collegate al Comune.

Per questo sono arciconvinto (e credo che Stella concordi con me) che se al posto dell'attuale sindaco a palazzo Stefanelli ci fosse un sindaco di centro destra nominerebbe di sicuro in ECOFOR due persone di sua assoluta fiducia, appartenenti alla sua area politica e alle sue amicizie. Lo stesso farebbe per le nomine di pertinenza comunale nei cda della Fondazione cultura, della Fondazione Piaggio, della SIAT ecc.ecc.

Perché tutti i politici e i sindaci esaltano a parole il merito e dicono di voler scegliere i migliori nei ruoli importanti, ma guarda caso alla fine scelgono sempre persone di cui si fidano.

Per questo la cosa più importante per una democrazia (anche locale) non è solo mettere al potere i migliori. E questo perché non c'è migliore che sfugga all’amichettismo e agli errori; e poi perché anche il voto popolare non sempre seleziona i migliori. La sana democrazia è quella che consente di cambiare regolarmente e pacificamente chi sta al potere e i suoi collaboratori. Avendo chiaro che si tratta sempre di sostituirli con altri. E poi continuare a cambiarli con altri ancora. Sempre regolarmente e pacificamente. L’importante è evitare che si consolidi troppo chi sta sul seggiolone ed escluda una parte della società dall’accesso all’esercizio del potere, il quale, nonostante le leggi, è sempre un po' arbitrario e inevitabilmente amichettista.