mercoledì 19 agosto 2015

LA PROVA DEL POTERE di Giuliano Da Empoli ovvero come non si riesce a dare spessore culturale al pragmatismo dei principi

Non bastavano i libretti di Matteo per spiegare perché Renzi si comporta così. Ora il moderno giovane principe ha fatto scendere in campo un suo ex assessore per spiegare le logiche e le giustificazioni più recondite delle sue scelte politiche. Ma il volume di Giuliano Da Empoli, La prova del potere, sottotilotato "Una nuova generazione alla guida di un vecchissimo paese" (Mondadori, 2015, p. 155, € 17), ha nella brevitas il suo unico punto di forza. Perchè di argomentazioni corpose e convincenti nel libretto non c'è traccia. Mentre ci sono accostamenti che suonano involontariamente ironici. Paragonare le rivoluzioni copernicane di Renzi con le scelte rivoluzionarie del terzo mandato di Deng Xiao Ping sembra un tantinello esagerato, e comunque il paragone con Deng non può ignorare che il primo Deng fu uno dei protagonisti del grande balzo cinese (1958-1962), durante il quale morirono di fame in Cina si stima circa 20 milioni di persone, mentre il terzo Deng (anni 80-90) fu anche uno dei principali responsabili della feroce repressione di Piazza Tienanmen. Bazzecole si dirà rispetto alla storia cinese e alla sua dinamica. Ma sempre molto tragiche. Perciò  speriamo che Renzi,  sia pure in piccolo, non ci faccia conoscere mai niente di simile. Il secondo accostamento ardito proposto nel libro di Giuliano Da Empoli è quello tra Matteo e il generale russo Kutuzov. Anche qui quello che si può sperare è che il generale Matteo non lasci dietro di sé la scia di morti che caratterizzarono la lunga carriera del generale russo che con l'indispensabile soccorso del generale inverno sconfisse Napoleone e guerreggio' a lungo coi turchi per conto degli zar.
La tesi centrale del libretto è che tutti i grandi leader hanno un cuore antico, si rifanno sempre alle radici profonde dei popoli che governano, sono adattivi, interpretano le circostanze e i voleri dei popoli e quindi, anche quando sono democratici, devono essere populisti per necessità più che per vocazione. Meno male che ce l'ha detto. Ora ci sentiamo tutti più tranquilli.

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