sabato 15 agosto 2015

QUALE FORMAZIONE COSTRUIRSI? QUALCHE UTILE SUGGERIMENTO DAL LIBRO DI ABRAVANEL E D'AGNESE La ricreazione è finita
Mi sono letto questa estate il libro di Roger Abravanel e Luca D'Agnese dal provocatorio titolo "La ricreazione è finita. Scegliere la scuola, trovare lavoro" (Rizzoli, 2015, 294 p., 18€). Premessa. Nessuno dei due autori è un esperto di formazione scolastica e Abravanel è un ingegnere, legato al mondo delle imprese, della finanza e dell'editoria presso cui ha lavorato come amministratore delegato, membro di consiglio di amministrazione, consulente, editorialista (Abravanel è anche l'autore del libro “Meritocrazia” ed è stato, secondo Wikipedia, per anno collaboratore del Ministro Gelmini). Quindi il volume esprime un punto di vista diverso su scuola e formazione rispetto agli approcci pedagogici e didattici tradizionali. Anche per questo immagino che sia piaciuto a Matteo Renzi al quale i due autori sembrano aver suggerito alcuni argomenti per la recente riforma scolastica, tra cui l'ulteriore potenziamento della figura del preside, scelta quest'ultima che, confesso, condivido anch'io (pp. 217-218). Il libro è un peana, ma scritto col cervello, al rapporto tra lavoro e scuola e sostanzialmente cerca di demolire l'atteggiamento autoreferenziale di molti insegnanti e di diverse realtà scolastiche, che non riescono a vedere più in là del loro naso e a confrontarsi coi cambiamenti del mondo. Naturalmente gli autori non solo accettano le sfide della globalizzazione, ma sostengono fino in fondo le logiche del Progetto PISA, la necessità delle prove Invalsi e attaccano alcune delle peggiori tare della scuola italiana, a cominciare dalla difesa sindacale che molte famiglie italiane fanno dei loro figli scapestrati o la sottovalutazione dell'atteggiamento furbastro e sostanzialmente immorale di chi “copia i compiti, si fa fare la lezione, le tesine, ecc.”. Contestualmente il testo fa un grande elogio della scuola finlandese in testa alle valutazioni internazionali anche rispetto agli agguerriti paesi asiatici. Più  in generale il libro sostiene che la scuola deve stare nel mercato, così come sul mercato dovranno stare gli studenti in quanto futuri lavoratori. E prima imparano a starci e meglio è. Secondo gli autori il lavoratore del futuro dovrà miscelare sempre meglio le abilità professionali con quelle comportamentali. Ed è proprio nell'ambito di queste ultime qualità, le cosiddette soft skills, che la scuola, ma soprattutto le persone dovrebbero fare un autentico balzo in avanti. Soprattutto in paesi come l'Italia. Capacità di lavorare in gruppo, capacità di autorganizzarsi, abilità nel risolvere tutti i problemi che vengono a portata di mano, saper costruire relazioni con fornitori, colleghi e clienti o utenti, anche questo insomma si dovrebbe insegnare ed apprendere oggi a scuola e con maggiore efficacia. Il libro racconta di come si entra e si sta nel mondo del lavoro, racconta del demansionamento, ma soprattutto della imprenditorializzazione del lavoro dipendente, della necessità di potenziare o addirittura di costruire una vera e propria etica del lavoro. Sono queste le idee su cui si dovrebbero ridefinire, secondo gli autori, i processi formativi anche nel nostro paese. Insomma il libro sostiene una visione della scuola, che si riorganizzi a partire dalle esigenze di chi si vuole immettere sul mercato e farci una discreta figura.
Il libro fornisce anche utili suggerimenti su come scegliere la scuola migliore, ma dice anche che si deve coltivare la passione per il lavoro e che si debbono seguire anche le vie del cuore oltre che quelle della ragione. Certo sapendo che questo va fatto con giudizio e con metodo.
Gustoso il decalogo finale dedicato a ragazzi e famiglie, di cui riporto semplificandolo il punto 4: “Abbandonate le comodità e ricercate le difficoltà. Imparerete un sacco di cose in più”. Questo suggerimento è davvero formativo. Peccato che sia troppo poco perseguito dai nostri figli (ma, diciamocelo con franchezza, anche da molti di noi adulti).
Insomma si tratta di un testo ricco di spunti e riflessioni, da tenere sottomano e su cui meditare.  Lo sconsiglio però a tutti  quelli che aspettano che siano gli altri e più in generale lo Stato a risolvere i loro problemi. Invece lo suggerisco ai dirigenti scolastici. E a chi voglia riflettere fuori dagli schemi sul rapporto tra scuola e mondo del lavoro. Ovviamente ci sono anche aspetti del libro che non mi convincono e alcune parti un po' ripetitive e scontate. Ma nell'insieme vale la fatica della lettura.

Nessun commento:

Posta un commento