Certo la Schlein ricorderà le terribili parole scagliate contro le correnti del PD, alle idi di marzo del ‘21, da Nicola Zingaretti (eletto appena due anni prima segretario). Secondo Zingaretti, che nonostante il fisico massiccio uscì provato dalla terribile esperienza di segretario (di fatto, si arrese), le correnti e i capicorrente facevano più i loro interessi che quelli del partito e dell’Italia.
E oggi, a sentire la Schlein a Montepulciano, il PD sembra ancora, più o meno, in quelle condizioni. Perché, ha detto più volte lei, il PD è una comunità “larga, aperta e plurale". Un eufemismo per dire che ognuna delle sue componenti (correnti, capibastone, cordate, ecc.) ha non solo una propria visione del partito, ma ha anche una propria strategia di alleanze, una propria politica estera, una propria politica economica oltre a un modo diverso di selezionare la classe dirigente del partito (scegliendo i suoi amici). E fare sintesi, è proprio dura.
Del resto anche le ultime elezioni regionali hanno dimostrato che stilare le liste elettorali del partito è stato un bagno di sangue (Pontedera docet). Con duelli all’ultimo posto. Sindaci e segretari di sezione che si autosospendevano per difendere candidate escluse e federazioni commissariate. Poi la stessa formazione delle giunte regionali riconquistate dal PD ha originato scontri tra diverse correnti e personalità che hanno lasciato strascichi pesanti e di fatto hanno avviato un confronto pre-congressuale senza che nessuno abbia dato ufficialmente il via al congresso. E ogni giorno si annuncia uno scontro con relativa riappacificazione.
La Toscana è uno dei luoghi più caldi (ma non l’unico) che costringe la SCHLEIN a rincorrere gli eventi e i vari cacicchi.
Se a questa turbolenza interna si aggiunge che il principale alleato del PD, i 5 Stelle, appena ne ha l’occasione sgambetta la povera Elly; che Renzi si riavvicina e si riallontana dal PD secondo i suoi interessi, mentre sul piano europeo il PSE costringe la Schlein a scelte (come quelle sul RIARMO) molto impopolari tra i suoi (e nel paese), beh, ce ne sarebbe a sufficienza per una conclusione del suo mandato con una mossa alla Zingaretti (copiando pari pari perfino le sue dichiarazioni finali).
Perché alla segretaria che “nessuno ha visto arrivare” non può sfuggire il fatto che in effetti, non avendola vista arrivare, gli uomini e le donne delle correnti del suo partito continuino a comportarsi come se lei non fosse mai arrivata o fosse solo di passaggio. Si, vabbè, Elly c’è. Ma ai feudatari che controllano pezzi del partito che gliene importa?
Insomma nessuno si meraviglia che le correnti continuino a gestire le proprie fette di potere in una comunità politica straordinariamente plurale, tendenzialmente un po' anarchica e molto radicata in alcune aree del paese, secondo proprie logiche fiduciarie, perfino in contrapposizione alla segreteria (gli esempi della Campania, della Puglia ma anche del gruppo parlamentare europeo sono eloquentissimi).
Del resto il PD contiene il corredo genetico (oltre ad alcuni longevi dinosauri) dei principali partiti della prima repubblica, partiti in cui, per fortuna, chiunque ne fosse segretario, le correnti e le oligarchie nazionali e locali, che controllavano voti, amministratori e interessi sociali ed economici, la facevano da padrone e i segretari nazionali erano, quasi sempre, re travicelli. Un grande esempio di democrazia dal basso, fondata sulle preferenze, a quel tempo tempo resa coesa da ideologie forti. Ma oggi?
Comunque la vediate, resta il fatto che la competizione politica è assai più teatrale e mossa. Una vivace, caotica, commedia dell’arte, di cui non a caso noi italiani (senza distinzioni tra destri e sinistri) vantiamo giustamente il copyright. Forza Elly, puoi farcela!
Nessun commento:
Posta un commento