lunedì 8 dicembre 2025

MELONI E L’ABILITA' DEI CENTRODESTRI

La Meloni ha ragione ad essere soddisfatta di se stessa e tessere le sue lodi da Mentana sulla 7. In fondo lei è davvero una underdog che si è fatta molto da sola ed è stata brava a sfruttare con “prontezza” tutte le opportunità che la vita politica le ha messo di fronte.

E' infatti la leader che ha scalato meglio il potere, ha applicato alla perfezione le indicazioni di Machiavelli e ora prova perfino a costruire un’egemonia culturale di destra, scimmiottando (sono convinto senza averne letto neppure una riga) i “suggerimenti” di Antonio Gramsci, a cui il suo ministro della cultura, Giuli, ha dedicato recentemente un librettino, a dire il vero di poco spessore culturale (e molto autocelebrativo).

Sull’egemonia della destra ovviamente, la Meloni non può che rivolgersi al mercato culturale contemporaneo, soprattutto a quello mediatico e social, e pescare un po' di tutto, incluso suggestioni internazionali (come dimostra il cartellone assai ricco di argomenti e di partecipanti di Atreju). 

Credo perfino che se fosse ancora vivo Pasolini (a cui per altro Atreju dedica un incontro sia pure a mezzadria con Mishima) qualcosa di buono e di naif nella Meloni e nel suo sovranismo de’ noantri ce avrebbe trovato. E chissà se una poesia alla premier donna italiana, miracolosamente emersa dalle sue tanto amate periferie romane, non gliel'avrebbe dedicata, magari proprio per provocare i suoi compagni di sinistra.

Ma il vero capolavoro della Meloni sta nella forza (della leonessa) e nell’astuzia (della volpe) con cui tiene in pugno la sua variegata maggioranza, facilitata però dalla differenza che corre tra centrodestri e centrosinistri.

Il centrodestra è infatti una coalizione con un accordo chiaro che assegna automaticamente il ruolo di premier al segretario del partito che prende più voti.

Il centrosinistra invece non è ancora una coalizione perché non possiede alcun accordo su come si debba individuare il leader che dovrà guidarla. Anzi nel CS c’è una guerra proprio sul leader e, PD a parte, nessuno per ora accetta che sia il partito che prende più voti ad esprimere il leader.

Ovviamente ci sono anche i contenuti programmatici e ideologici a compattare meglio il CD rispetto al CS.

Infatti il CD ha avuto fino ad ora l’abilità e la flessibilità di negoziare meglio le proprie differenze interne e di contenere le diversità, mentre il CS, ricco di componenti più rigide e convintamente assertive, fatica ad aprire trattative sul programma di compromesso e questo fatto, insieme alla faccenda del leader, lo penalizza.

Questa maggiore rigidità (ideologica? narcisistica? moralistica?) è un ragalone alla Meloni che si diverte perfino (come dimostrano gli inviti ad Atreju) ad aumentare la discordia nel CS. Obiettivo non difficile per altro da raggiungere, vista la naturale propensione dei centrosinistri a litigare tra loro su quasi tutto. 

I migliori si sa non hanno bisogno di imparare dagli altri, né di studiare seriamente né Machiavelli, né Gramsci.

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