sabato 24 dicembre 2016

Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura / Ivan Illich, Raffaello Cortina editore, 2000
Nella vigna del testo si strizza poco vino per la lettura e anche quello che ne viene fuori è così e cosi. Amici che stimo mi avevano parlato bene del libro. Ma, almeno dal mio punto di vista, ovvero di chi cerca suggerimenti per far leggere i non lettori, il testo offre poco. Ma, pur non avendo particolari basi per valutarlo, il testo mi pare modesto anche da altri punti di vista.

venerdì 23 dicembre 2016

OGNI EPOCA HA LE SUE PAROLACCE.
Nell'era della comunicazione urlata, inutile sprecare fiato a chiedere di abbassare i toni. Dai giornali alla tv l'imperativo categorico è farsi leggere o ascoltare. Per farlo molti strillano. Esagerano. Iperboleggiano. Alcuni usano intensivamente  il turpiloquio. Lo usano come fertilizzante. La comunicazione si è in qualche modo sottoproletarizzata. Per arrivare a farsi ascoltare da tutti, il livello della comunicazione è sceso nel fango e schizza m...ota dappertutto. Del resto se una parte del paese vive nella miseria economica, se un'altra parte vive nella miseria morale, non può stupire che un'altra parte ancora sguazzi nella miseria linguistica. Nel paese di Dante, Boccaccio e Petrarca la cosa potrebbe suonare come una bestemmia. Ma le bestemmie piacciono agli italiani e a volte hanno un sapore liberatorio. Temo che anche per il turpiloquio e per le esagerazioni verbali sia un pò la stessa cosa. Insomma ci dovremo convivere. Forse la Crusca ci farà perfino degli studi sopra. Mentre noi ce ne faremo una ragione. What else?

lunedì 19 dicembre 2016

7 LEZIONI SUL PENSIERO GLOBALE / EDGAR MORIN (Raffaello Cortina Editore, 2016, p.114)
Libro divulgativo, ma non banale e con diverse chicche di riflessioni da tenere ben presenti. Non aggiunge niente (o poco, per quello che ne so) all'opera saggistica, per altro sterminata, di Morin, ma costituisce pur sempre una lettura intelligente e ben spiegata del suo pensiero e del suo approccio al pensiero globale contemporaneo. Per chi non conosce la sua opera una lettura impegnata ma non impossibile, che potrebbe conquistare il lettore e convincerlo a leggere anche altre opere più impegnative di Morin.

domenica 18 dicembre 2016

Il partito della complessità e della ragione
Il pd è l'ultimo partito della scena politica italiana che possa legittimamente fregiarsi di questo nome presente nella Costituzione, gli altri essendo delle robe informi con capi, cortigiani e code, ma non partiti. E sicuramente gli altri partiti non sono organizzazioni di massa diffusi nel paese. Ora il principale problema del pd sono le tante anime e i tanti protagonismi che esso contiene, a cui si aggiunge la sterminata voglia di fare le scarpe gli uni agli altri. Il tutto insieme a quella bagatella che è fronteggiare la difficoltà di dover governare e di tener conto al contempo del sistema paese e di chi soffre di più. Sapendo che governare vuol dire rispondere alle attese di un paese che continuerà inevitabilmente a crescere economicamente poco e quindi avrà poco da redistribuire e regalare. Il che è un altro bel problema. Del resto solo degli insipienti possono davvero credere di avere la ricetta miracolosa in tasca (in testa, per ovvie ragioni, non essendo possibile che ce l'abbiano). La complessità è tutta qui. Occorre allora che la multietnica classe dirigente del pd, se vuole mantenere la responsabilità di governare (cosa che non gli ha ordinato nessuno di fare), manovri con intelligenza. Negoziando, accordandosi, cercando compromessi e soluzioni. Usando la ragione. La ragione insieme alla passione, per citare un recente richiamo di Edgar Morin. Evitando che la sola passione travolga il meglio del pd. Evitando l'ansia assurda di volere tutto e subito. Evitando l'uso del fuocoamico. Senza costringere i vecchi azionisti del partito ad andarsene. Bisognerebbe abbassare i toni. E tocca soprattutto agli eletti mantenere nervi saldi e guardare lontano. Chi giocherà a strafare, rischierà di sfasciare tutto. Evitatelo. Sarebbe un disastro per il pd, ma soprattutto per il paese.

sabato 17 dicembre 2016

Finché  c'è raggi c'è speranza
Se fossi Matteo suggerirei al capogruppo del pd al consiglio comunale di Roma di presentare una mozione che incoraggi il pentastellato sindaco a rimanere abbarbicato alla poltrona di sindaco almeno fino alle prossime elezioni politiche. Infatti più il pentastellato sindaco dispieghera' tutta la sua incredibile sagacia politica più anticorpi antigrullini si diffonderanno nell'opinione pubblica italiana. Dispiace solo che tocchi ai romani fare da cavie. Ma qualcuno deve pure sacrificarsi per il bene della patria.
Riviste, società storiche, archivi e identità toscana. Un bel seminario organizzato ieri a San Miniato.

Una trentina di interventi hanno caratterizzato la giornata di riflessione e di studio che si è tenuta presso la sede dell'Accademia degli Euteleti di San Miniato sul tema "RITORNO AL TERRITORIO? Riviste, ricerca storica, archivi e identità locali in Toscana ai tempi della globalizzazione". Hanno partecipato i rappresentanti di quasi tutte le società storiche toscane e di molte associazioni e istituzioni che promuovono la conoscenza storica sul territorio regionale. Alla fine si è anche deciso di dar vita ad un coordinamento regionale e sono state avanzate alcune idee progettuali.



Almanacco Pontederese 2017
Oggi in biblioteca alle 17,30 presentazione dell'Almanacco pontederese curato da Benozzo Gianetti, illustrato con disegni di Giorgio Dal Canto, con una ricca sezione di notizie utili sulla città e sulle sue istituzioni, i suoi servizi, le associazioni e chi più ne ha più ne metta, scrupolosamente curato da Franco Ferrini.
L'anno di riferimento è il 1972. Anno elettorale, tanto per gradire, su cui ci sarebbe molto da dire. Ma la lettura delle cronache, sintetiche ed efficaci, costituisce un trenino di sorprese e quindi non vale la pena di anticipare nulla di quello che il lettore potrà scoprire coi suoi occhi. Leggendo.
Due parole invece sul Notiziario di Ferrini. Ricchissimo. Esaustivo. Denso di informazioni. Utile per chi voglia navigare con intelligenza e conoscenza in Pontedera. Ne esce una piccola cittadina vivacissima, perfino brulicante, contrariamente a tanti urticanti commenti che si leggono in certe cronache e soprattutto sui social. Bravo Franco. Per la pazienza. E l'amore con cui raccoglie le informazioni. Sì, proprio un'iniziativa lodevole che non a caso ha raggiunto la sua 34esima edizione.

mercoledì 14 dicembre 2016

La febbre del volo. La storia dei Fratelli Antoni di Giacomo Bracci (Felici Editore, 2012)


Piccolo libro per ragazzi che racconta la passione per il volo e tutta una vita dedicata a cercare di far volare gli aerei. Tra le fine dell'800 e l'inizio del '900 la febbre dl volo colpisce anche i fratelli Ugo e Guido Antoni, pisani, ma in gioventù residenti anche a Peccioli. Sognano di costruire aerei e di fare trasvolate. Costruiranno piccoli velivoli e apparecchi leggeri ma in grado di volare. Costruiranno una scuola di aviazione e perfezioneranno le tecniche allora conosciute. Fonderanno l'aeroporto o quello che poi sarà San Giusto e una piccola impresa di aviazione che nel 1918 Rinaldo Piaggio rileverà per farne insieme agli stabilimenti di Pontedera una grande fabbrica di produzione di aerei. La storia dei fratelli Antoni è piena di difficoltà, di tenacia, di ingegno e i fratelli in parte avranno successo e in parte no. Ma alcune loro idee si riveleranno molto importanti per lo sviluppo dei velivoli moderni. La loro storia, sospesa tra il coraggio per la sperimentazione, le tecniche, il disegno, animata da una grande passione per il volo, merita di essere conosciuta. Soprattutto dai pisani e da chi come a Pontedera si è giovato del loro lavoro e del loro genio.



martedì 13 dicembre 2016

L'imbecillita' è una cosa seria di Maurizio Ferraris, il Mulino, 2016.
Si tratta di un libro piccolo. Una strenna natalizia scritta con gusto e con arguzia. Appena un centinaio di pagine in cui il filosofo Ferraris riflette con suggerimenti e dettagli sul tema della stupidità umana come elemento purtroppo fondante e difficilmente eliminabile dalla storia umana. Un saggio amaro, realista, come le posizioni del filosofo, e allo stesso tempo divertente e che fa meditare. In sostanza sostiene Ferraris non siamo angeli caduti, ma animali imperfetti e bisognosi che solo a fatica e con grande incertezza riescono a gestire la propria "umanità". Ma tutto detto molto meglio e riflettendo su un sacco bestialità e di sciocchezze dette... anche da altri filosofi su questo argomento. Due ore di lettura piacevole, anche se occorre avere una qualche passione per la filosofia per gustarselo bene. O almeno credo. Posfazione. Mi sembrava un testo perfetto per il dopo referendum.

sabato 10 dicembre 2016

IL DOPO RENZI SARA' CONFUSO
Chi ha voluto azzoppare Renzi, che era riuscito a sbrogliare una situazione politica non facile, due anni e mezzo fa, ora deve sorbirsi una situazione ambigua e confusa. Il si di 13 milioni e passa di italiani non è bastato a tenere in sella Matteo. Ora perciò si apre una stagione confusa, stile prima repubblica, come è inevitabile. E quelli del no che dicevano che il dopo renzi sarebbe stata una passeggiata avranno modo di toccare con mano tutti i giorni che avevano sbagliato analisi. La vittoria dei costituzionalisti duri e puri riporta infatti indietro le lancette dell'orologio della storia politica del paese. E se si arriverà ad un ritorno al quasi proporzionale con premio minimo alle coalizioni  si tornerà per forza a governi di centrodestra o centrosinistra appoggiati dall'una e dall'altra parte con inciuci degni della 1a Repubblica. Insomma più rappresentatività fa rima con più compromessi quotidiani in Parlamento e con più accordi sottobanco.. Se si vogliono vittorie più  nette e vincitori meno condizionati dai vinti, serve una legge più maggioritaria e istituzioni meno bicamerali. Ma se la maggioranza del popolo, 19 milioni di no contro 13 di sì, questa cosa non la vuole, trovo giusto che non si faccia. Solo che il neppure popolo non può volere la botte piena e la moglie ubriaca. Questa pretesa non si realizzerà neppure se la chiedono 19 milioni di votanti. Il popolo è bene che lo sappia.

venerdì 9 dicembre 2016

LA TERZA SFIDA CULTURALE PER PONTEDERA
Dopo il Teatro Era, dopo la Biblioteca Gronchi, l'Amminisfrazione comunale Pontedera ha lanciato la sua terza grande sfida culturale di questa legislatura, quella di costruire un polo espositivo, riconosciuto a livello quanto meno regionale, per l'arte contemporanea. Non un Museo d'arte contemporanea, ma un centro dove far transitare mostre importanti di arte contemporanea. La parziale riqualificazione del Palazzo della Pretura e il trasferimento in quella sede del Centro O. Cirri forniscono il necessario supporto spaziale e organizzativo alla realizzazione dell'obiettivo, che sarà gestito però da un ente esterno al comune (anche se partecipato): la Fondazione per la cultura di Pontedera diretta da Daniela Pampaloni.
Stasera, al teatro Era, ho ascoltato sia il sindaco che la Pampaloni parlare con passione di questa nuova sfida culturale. Il contesto e gli obiettivi sono chiari. Manca, e va invece indicato, l'orizzonte numerico e quantitativo della sfida. L'indicazione dell'altezza dell'asticella da superare o comunque da raggiungere. Da qui al 19 di aprile vanno staccati quanti biglietti veri? 10.000? 20.000? 30.000? Quanti visitatori paganti ci si aspetta di avere? E quanti cataloghi di vendere? Questi due dati vanno forniti, sia pure come ipotesi, di lavoro all'opinione pubblica. Perché su questi si ragionera' dopo il 19 di aprile per definire se l'evento è  stato un successo o meno. Per far si che la cultura dia pane e lavoro infatti servono anche risultati tangibili che vanno conquistati giorno dopo giorno. Per fare 30.000 passaggi paganti servono quasi 250 passaggi paganti al giorno. Troppi? Pochi? Fissiamo un tetto più realistico. Ma fissiamolo. Servirà anche al mondo del commercio per capire quale flusso potenziale di persone al giorno possiamo attenderci. E farci un'idea dell'impatto che questa sfida culturale potrà avere per la città e per la cittadinanza.

giovedì 8 dicembre 2016

Inaugurata una mostra dedicata al futurismo con opere di autori di grande valore nel rinnovato Palazzo della Pretura di Pontedera

Pontedera ha un nuovo spazio espositivo e oggi ha inaugurato una mostra straordinaria TUTTI IN MOTO. La mostra parla di futurismo, di velocità e di mezzi di locomozione, dai treni agli aerei passando x moto e automobili. La mostra al rinnovato palazzo della Pretura, con un'appendice al Museo  Piaggio, viaggia sui livelli delle mostre di palazzo Blu di Pisa. Ora però c'è bisogno di uno sforzo di comunicazione che porti la notizia lontano da Pontedera.  Tutti i pontederesi che lavorano fuori città dovrebbero farsi ambasciatori di questa grande novità. Non è difficile. Basta ricordare il motto della banda cittadina.
La Fondazione per la cultura che gestirà lo spazio e la mostra ha assunto a tempo determinato come guide ed assistenti di sala diversi giovani.
Forza ragazzi, i pontederesi sono con voi. Coinvolgete quante più persone potete e raccontate la bellezza e la cultura che tutti i giorni sarete chiamati a custodire e soprattutto a valorizzare. Lanciate tanti post, raccontate la vostra esperienza, condividete con la città il vostro lavoro ed il vostro impegno. Giorno per giorno. Non dovete solo aspettare il pubblico e accompagnarlo nella visita, dovete conquistarlo. E dovete far sentire la città orgogliosa di aver costruito un luogo come il PALP. Forza e in bocca al lupo.



mercoledì 7 dicembre 2016

Tutti in moto.
La mostra nel palazzo Pretorio di Pontedera.

Pontedera ha avviato da anni un percorso culturale e artistico importante che cerca di far entrare anche questa nostra città nel grand tour del contemporaneo italiano. Il progetto organizzato attorno alla rinascita del Palazzo Pretorio va in questa direzione. Penso che sia un percorso coraggioso che l'amministrazione comunale, il suo sindaco, il pd che esprime la maggioranza politica cittadina vogliono giocare al meglio delle loro possibilita' , creando ponti e sinergie col mondo della ristorazione e delle imprese private. L'esito di questa scommessa imprenditoriale è importante per il futuro della città.  In termini di occupazione, di immagini, di risultati ottenuti, di risorse portate a deposizione dei cittadini. Mi auguro che tutti diano una mano.
Il pd a guida Renzi dovrà scegliere alleati per le elezioni
Se è vero che Renzi ha deciso di andare a votare (ma Matteo è il più imprevedibile dei condottieri politici apparsi sulla scena del paese degli
ultimi 70 anni), deve affrontare il problema di chi scegliersi come alleato o decidere di correre da solo. Ovviamente, come ha scritto Ezio Mauro, sarebbe meglio lavorare per ricostruire una "sinistra di governo moderna, occidentale, europea, finalmente risolta", ma in attesa di risolvere il problema da nulla posto da Mauro ovvero di quadrare il cerchio, forse si dovrà pensare alla prossima campagna elettorale. E in tal caso è difficile che il pd del si al referendum si rappacifichi con Bersani e Vendola e riproponga la grande armata di centro sinistra che guarda a sinistra che con bersani non riuscì a farcela nel 2013. Nel frattempo, tra l'altro, la sinistra bersaniana e vendoliana si è ridotta a poca cosa, e difficilmente con loro Renzi riprenderebbe anche solo i voti del 2013. Oltre tutto il referendum ha bombardato gli ultimi ponti che collegavano il centro sinistra con quel che resta di una sinistra sinistreggiante. Mentre sempre il referendum ha rinsaldato lo strano ma non imprevedibile connubio del centro-sinistra col centro destra fuoriuscito dall'area berlusconizzata. È l'armata del no, un centropocodisinistra con una spruzzata di destra, quella che Renzi potrebbe provare a manovrare per arginare l'avanzata grillina che potrebbe contare al ballottaggio sul sostegno della destra berlusconizzata e salvinista.
Ma non so se Renzi vuole andare davvero al voto e se Mattarella ce lo manderà. Questo lo vedremo vivendo.

Resta comunque per Renzi (e ovviamente x il pd) il problema di quale alleanza mettere in campo per le prossime elezioni o i prossimi mesi in parlamento, perché anche dalla scelta delle alleanze dipenderanno la vittoria o la sconfitta. Perché anche se Bersani e Vendola tornassero all'ovile, in un eventuale ballottaggio peserebbero poco; mentre il centro destra berlusconizzato e grillo hanno dimostrato al referendum di poter contare su un elettorato fedele e manovrabile, disposto ad allearsi nel segreto dell'urna per fermare Matteo e far vincere il meglio posizionato dei loro candidati. Livorno, Torino e Roma ce lo insegnano. Per fortuna non è ancora detta l'ultima parola.

martedì 6 dicembre 2016

Sono arrivati all'Università di Dakar in Senegal libri di grammatica, filologia, letteratura (narrativa e teatro), arte e storia italiana per gli studenti senegalesi del corso di italianistica attivato presso l'Università.

La raccolta di libri che aveva base presso la Biblioteca Gronchi di Pontedera è stata organizzata e sostenuta a cura delle biblioteche della Rete Bibliolandia. 

E' stata Bibliolandia a gestire il progetto e a dialogare con l'Associazione Senegal Solidarietà che ha poi organizzato il trasporto dei libri in Senegal. In questi giorni, come si vede nella foto, i libri sono giunti a destinazione. 
Grazie ai bibliotecari della Rete, un centinaio di studenti senegalesi studieranno la lingua e la cultura italiana sui libri donati e raccolti dalle biblioteche e soprattutto dai cittadini della Provincia di Pisa.


lunedì 5 dicembre 2016

Il SI al referendum è stato sconfitto, ma...
Il risultato referendario pur con le sue caratteristiche è molto buono per chi vuole cambiare in meglio il paese e non solo coalizzarsi per stare fermo.
Ottenere un consenso vero del 40% di elettori, in una situazione come questa, con tutte le forze politiche del paese, tranne la parte maggioritaria del pd, schierate per il NO non era affatto scontato. Tra l'altro Renzi ha di fatto subito una scissione sostanziale se non formale di una parte del suo partito e delle forze amiche che fiancheggiavano il suo partito.
Insomma una situazione complessa in cui le forze del cambiamento si sono rivelate minoritarie a livello popolare, ma di una minoranza compatta e tutto sommato ben radicata e di ampie proporzioni che, ad essere sincero se resterà del 40% dopo il conteggio dei voti veri, non mi aspettavo.
Del resto è noto che l'italia non l'hanno fatta i plebisciti voluti da Cavour ma un migliaio di garibaldini disubbidienti che hanno rischiato la pelle e combattuto contro i borboni, creando una situazione politica e militare nuova e favorevole alla nascita del nuovo stato nazionale italiano. Stesso ragionamento con la resistenza tra il 43 e il 45. Sono state minoranze coraggiose a salire sui monti e a dare battaglia.
Ma tornando al referendum ovviamente la bufala dei poteri forti si è rivelata per quella che è, vale a dire una sciocchezza. Perché dei poteri forti che perdono cosi non sono evidentemente poteri forti. E chi sosteneva questa tesi sarà contento di vedere i poteri forti sconfitti, ma non perché la sua analisi fosse corretta. Semplicemente perché è più facile mettere d'accordo tante persone per un NO a qualcosa o a qualcuno, che metterne d'accordo tante su qualche progetto comune e su qualcuno.
L'individualismo nazionale trova più facile ostacolare qualcuno o qualcosa piuttosto che definire e sostenere una soluzione innovativa comune. Mi sembra questa la spiegazione migliore di quanto successo.  Gli italiani mostrano un forte conservatorismo.  Questo caratterizza stabilmente le maggioranze politiche di questo paese, che non a caso, in 70 anni di repubblica, non ha mai visto governare la sinistra se non in coalizioni in cui il baricentro però stava rigorosamente al centro quando non a destra.
Da qui, cioè da un trend di lungo periodo, ripartirà la vita politica italiana. Che i poteri forti ce la mandino buona!

domenica 4 dicembre 2016

Biblioteca Gronchi in Fiera
Conclusa alle ore 20 la fiera del Bambino Naturale in biblioteca articolara in due giornate.
Quando gli organizzatori ci hanno chiesto questa estate se concordavamo con la loro idea di localizzare proprio dentro la biblioteca, sia pure in un sabato ed in una domenica, l'evento, un pò mi sono preoccupato. Ma siccome il nostro obiettivo è allargare al massimo la platea dei lettori ed in particolare dei lettori più piccoli, dopo averci riflettutto bene abbiamo fatto nostra l'idea e sperato che tutto funzionasse al meglio, anzi che in biblioteca arrivasse il maggior numero possibile di persone.
E questo più o meno è successo.
Molti eventi, anche se non partecipatissimi, molto il pubblico, anche se non da stadio come, a dire il vero, un pò mi sarei aspettato.
Alta la qualità delle cose proposte. Come era previsto.
Bravissimi gli organizzatori. A cominciare da Marina Sarchi e Valentina Filidei.
Sui 1500 i passaggi unici nei due giorni, se i varchi elettronici non ci hanno ingannato.

sabato 3 dicembre 2016

Alluvione Pontedera - libro Quirici e Filidei

Il libro di Quirici e Filidei sull'alluvione del '66 a Pontedera

Ok, il volume è pensato come una strenna natalizia. Il mestiere del resto non è acqua. Ma a parte questo, la piccola enciclopedia portatile che Michele Quirici e Valentina Filidei hanno confezionato per aiutarci a ricordare e a capire cosa è stata l'alluvione del '66 a Pontedera, mette insieme e cerca di governare una mole impressionante di temi e documenti, sfruttando al meglio l'apparato fotografico.
Recensire un testo così è dunque un'impresa al limite dell'impossibile e quindi mi limiterò a sottolineare le cose che mi hanno più colpito e che per me hanno un valore assoluto, perché ci fanno fare un salto nella conoscenza dell'esondazione dell'Era dopo la rottura dell'argine davanti alla "Montagnola".
E la prima ricchezza che il libro ci regala è l'enorme mole di foto di cui un trenta per cento e forse più è inedita. Le foto parlano e non annoiano. Danno il senso della catastrofe naturale che l'alluvione ha rappresentato. Da bibliotecario sono rimasto colpito dalle immagini dei libri della Biblioteca comunale finiti, come accadde a Firenze con quelli della Nazionale, sott'acqua e nella mota. La Biblioteca comunale di Pontedera, allora ubicata in via Pellico, perse opere importanti tra cui la storica Enciclopedia Treccani (che sarebbe stata poi ricomprata grazie ad un finanziamento del Senato, ottenuto, mi raccontava il prof. De Martini, per l'interessamento del senatore Giovanni Gronchi, ex presidente della Repubblica, pontederese).
Ma delle foto pubblicate nel volume, quelle dedicate alla biblioteca sono solo  un piccolio numero. In realtà le più importanti e significative raccontano i molti luoghi della città invasi e devastati dall'acqua sporca ed in particolare: le botteghe e le imprese di Pontedera, i luoghi del commercio e del lavoro, la fabbrica Piaggio (che per quanto allora attraversasse una crisi di ridefinizione produttiva era un colosso da circa 5000 addetti più l'indotto, allora molto robusto), l'ospedale Lotti. E poi ancora lo scolmatore, le scuole, i villaggi, ecc. ecc. E un'infinita varietà di altri edifici, attività e luoghi che sarebbe troppo lungo riassumere. Il libro va letto.
La seconda è il recupero di alcune testimonianze tra cui quelle di: Luigi Bruni, Giacomo Maccheroni, Mons. Vasco Bertelli. Opera meritoria è rimettere insieme tutte queste ed altre voci e ridare loro fiato attorno ad un episodio destinato a rimanere memorabile.
Ancora. Il testo contiene una riflessione sullo stato della sicurezza idraulica di Pontedera tra ieri e oggi, affidato alla geologa, già collaboratrice di Luigi Bruni, Francesca Franchi. Testo su cui però non ho nè competenza né presunzione per entrare.
Accanto alle foto si trova una ricca rassegna stampa di ritagli di quotidiani dell'epoca, con prevalenza di articoli della Nazione e del Telegrafo (oggi Tirreno).
Il volume racconta infine la storia dei soccorsi e poi dell'impegno per la rinascita della città. Il rimboccarsi le maniche di tanti cittadini. Il ruolo degli uomini delle istituzioni pubbliche. Tutto un gran darsi da fare per far ripartire i servizi pubblici, i negozi, i laboratori artigiani, le piccole fabbriche e alla fine ricominciare a produrre "vespe" e "ciclomotori" alla Piaggio.
Il libro racconta di come i pontederesi spazzarono via la mota dalle case, dai negozi e della fabbriche, si rialzarono in piedi e costruirono una città ancora più bella e dinamica di quella precedente all'alluvione.
Vale la pena di leggerlo e di tenerlo a portata di mano, anche se ha un taglio inevitabilmente celebrativo e un sapore un tantinello istituzionale. Di sicuro vale le pena di farlo leggere ai figli e ai nipoti. Di sfogliarlo insieme a loro. Di arricchirlo con memorie personali e ampliando le didascalie, almeno per coloro che sono in grado di farlo.  Di raccontare e ricordare, soprattutto nei momenti di crisi come questa che stiamo attraversando, cosa siano le tragedie vere e come gli uomini abbiano grandi risorse per uscirne fuori.
Anche dalle più difficili e dolorose infatti si può alla fine sortire meglio e più forti di come ci si è entrati.
Ma serve coraggio, voglia di fare, disponibilità a collaborare con gli altri, generosità e capacità di rimboccarsi le maniche, senza perdersi in chiacchiere.
L'alluvione del '66 di Pontedera ha insegnato a chi ha voluto capire tutto questo (e molto altro ancora). Il prezioso volume messo insieme e pubblicato da Michele Quirici e Valentina Filidei ce lo ricorda e fissa questa storia e questi insegnamenti sulla carta a beneficio dei posteri. Che il pubblico dei lettori gliene renda merito!


PRIMA GIORNATA DELLA FIERA DEL BAMBINO NATURALE

Una biblioteca così sarebbe semplicemente strepitosa.

Circa 1300 presenze oggi alla Fiera del Bambino Naturale dentro la biblioteca Gronchi di Pontedera. Compresi un centinaio di giovani universitari (vedi foto su due livelli) che hanno mantenuto un perfetto assetto da studio e hanno continuato a sottolineare i loro libri asserragliati al primo piano. E quasi 300 prestiti e oltre 200 restituzioni di gente che andava e veniva. Il segno che la nostra è una biblioteca proprio di tutti e per tutti.
Certo se la biblioteca fosse sempre così sarebbe una incredibile meraviglia. Perchè va detto che oggi il clima era da fiaba. Qualcuno mi ha detto perfino un po' surreale. Un po' per i tanti bambini, un po' per i tanti genitori e un po' per alcuni nonni davvero strepitosi. Ma un po' anche per gli spazi che sembravano essere stati progettati per sapersi adattare ad accogliere perfino eventi di questo tipo (grazie Adriano!).
E poi sentire Guido Quarzo, che da Torino viene a leggerci le sue storie... è da.... è così... è... qualcosa che non si riesce a dire, perchè comunque si dicesse sarebbe riduttivo. Ovviamente dietro tutto questo c'è il lavoro di un bel gruppetto di persone. Pochi ma buoni. Pochi ma tenaci. Donne soprattutto.





Partita la Fiera del Bambino Naturale alla biblioteca Gronchi. 

Presentazione di libri, giochi e prodotti per i bambini

Sarà aperta sabato 3 e domenica 4 dicembre

Per scaricare il programma collegarsi a http://fiera.bambinonaturale.it/




venerdì 2 dicembre 2016

IO E BERLINGUER
In un recente post referendario su fb, un amico di infanzia e di liceo, mi attribuisce una simpatia politica che non ho mai avuto. Sono ormai in silenzio elettorale. E non replico sul contenuto referendario. Intervengo invece sul filoberlinguerismo che mi si attribuisce. Ovviamente le questione è di nessun valore, se non per me. Ma ci tengo a precisare che pur essendo stato per un breve periodo negli anni settanta iscritto al pci non mi sono mai sentito un berlingueriano. Reputo infatti Berlinguer un uomo di alta statura morale, rispettabilissimo. Ma sul piano politico ritengo sia stato per varie e complesse ragioni un disastro. Con la strategia del compromesso storico di fatto Berlinguer preparò un sostanziale allargamento a sinistra del centrosinistra, sperando di fare in questo modo le scarpe a Dc e a Psi. Come sia finita è ormai storia. Nonostante i successi elettorali del 74, del 75 e del 76 Berlinguer e il pci non riuscirono infatti a sfruttare la situazione per modificare gli equilibri politici e in questo modo prolungarono la formula di un lungo centro sinistra non particolarmente vantaggioso per il paese. Ma non solo Berlinguer contribuì a prorogare la stagione di un centro sinistra di cui alla fine lo stesso pci rimase vittima, ma non riuscì nemmeno a tracciare una evoluzione del pci in senso socialista nel momento in cui l'utopia comunista tramontava nel resto del mondo occidentale. Peggio ancora: Berlinguer scatenò una guerra anticraxiana, ritenendo lui Craxi un pericoloso avventuriero, una guerra che si trasformò in una guerra fratricida tra psi e pci che alla fine degli '80 portò alla scomparsa di entrambe le forze politiche di sinistra. E a voler essere cattivi alla ipotesi di qualsIasi alternativa di sinistra in questo ameno passe. Quindi il mio giudizio sulle capacità politiche di Berlinguer è stato e resta piuttosto negativo.
Questo non mi impedisce di provare una certa simpatia umana per Berlinguer, ma niente di più.

martedì 29 novembre 2016

Sul bicameralismo quasi perfetto.
Sebbene abbia deciso di votare si, considero la fine del bicameralismo quasi perfetto (se accadrà) con qualche preoccupazione. È una delle criticità dei sistemi elettivi che da Atene in poi, come è noto, possono essere scalati da uomini abili, ambiziosi, fortunati, capaci di costruire reti di relazioni a proprio vantaggio e conquistare il consenso popolare. Senza il bicameralismo repubblicano forse Berlusconi avrebbe piegato ancora di più ai propri interessi la Repubblica che aveva conquistato. Per questo capisco bene che coloro che dubitano della buona tenuta democratica degli italiani soffrano questo passaggio e preferiscano mantenere un sistema che garantisce di più gli sconfitti di quanto non favorisca i vincitori. Gran parte della nostra storia nazionale del resto ci spingerebbe alla prudenza e al conservatorismo. Ma anch'io concordo, in nome di una democrazia che deve avere il coraggio di guardare avanti, sull'esigenza di rimuovere la paura e di scommettere su un paese che deve saper costruire una democrazia più matura, più adulta. Non lo dico con la speranzosa visione dei vent'anni, ma con la preoccupata consapevolezza di un sessantenne, a cui fa piacere pensare ad un paese democraticamente normale e che per dominare le proprie pulsioni populiste non deve costruire istituzioni che fanno argine ad altre istituzioni. Naturalmente so che ogni scelta comporta un qualche rischio e capisco anche chi non intende correre questi rischi. Ritengo però che dopo 70 anni di repubblica certi rischi dobbiamo correrli. Pena rimanere una democrazia bambina. Cosa che mi parrebbe un danno ancora maggiore.
Si e no sul referedum sulla riforma costituzionale.
Schierarsi per il no è comprensibile, ma nella sostanza è una scelta di conservazione per un militante del centro sinistra ed un atto contrario al proprio gruppo dirigente politico se si è stati o si è ancora militanti del pd. E quindi nocivo per l'organizzazione e quello che il pd rappresenta. Un atto che indebolisce il pd e ne mina credibilità e forza politica. Un atto comprensibile, perché si può parlare male della propria famiglia, basta rendersi conto delle inevitabili conseguenze. Del resto se al posto di Renzi ci fosse Bersani e Renzi sostenesse le attuali tesi di Bersani, non so cosa direbbero e farebbero quelli che oggi sostengono l'eresia e la libertà di giudizio nei confronti di Renzi.
Ma a parte questo, temo anche che il voto per il no sia un atto sterile per chi si senta parte di quell'area politica di cs a cui facevo riferimento poco fa. Infatti un successo dei si renderebbe un sostenitore di cs del no sempre più marginale e un successo del no non sarebbe politicamente spendibile perché  avendo troppi padri la vittoria del no non riaccorperebbe alcunché, almeno nel breve periodo. Un fronte antirenziano oggi quali obiettivi potrebbe darsi a parte buttare giù Renzi e poi farsi travolgere dal populismo grillesco? Roma e Livorno dovrebbero insegnarci qualcosa. Ma non sono sicuro che lo faranno.
Ovviamente nel pd è in atto una scissione non dichiarata da parte di coloro che ritengono che il partito sia stato scalato dagli alieni (Renzi per molti militanti della sx pd è davvero percepito come un alieno). E tra i miitanti e gli ex militanti devono essere molti a pensarla cosi. Anche le forze di quelli che stanno sull'uscio sono numerose. Confesso che per un semplice votante del pd come me seguire il dibattito con tutti i suoi barocchismi è divertente. Ma temo che non ne trarremo grandi vantaggi. Staremo a vedere.
Alla Regione lombardia non importa quasi più nulla degli archivi storici
La nuova legge sulla valorizzazione dei beni culturali del reg. Lombardia (25/2016 del 7 ottobre) marginalizza quasi del tutto gli archivi storici. Ne parla (brevemente all'art. 15), ma senza dire se e come verrano sostenuti e valorizzati. Senza fissare parametri di qualità e quel che più conta senza fornire alcun incentivo, nessuna strategia, nessun orientamento di massima. E ovviamente senza punire chi degli archivi se ne freghera'.
Apparentemente la 25/2016 è una legge generalista ed inutile. Ma invece contiene un articolo strategico. L'ultimo, il 45, con il quale si abrogano tutte le norme "superate" ed incompatibili con la presente. Col 45 la legge 25/2016 chiude un'epoca di grande importanza non solo per la Lombardia ma anche per le altre regioni virtuose in materia di biblioteche e di archivi. Un'epoca che ha consentito in un buon numero di regioni italiane di inserire biblioteche, musei e archivi di enti locali nel welfare locale, di sostenere studi e ricerche storiche di interesse locale e di occupare con stipendi e tutele accettabili alcune migliaia di giovani (non tantissimi, ma un pò si) in questo settore.
Quest'epoca è finita. Chiusa. L'offerta culturale si diversifica, gli archivi storici in particolare sono peggio dei capannoni industriali dismessi. Roba da incubo. La legge 25 ci fa sopra un piantino e addio!
Certo, è una bella contraddizione per una regione che si era inventata un assessorato all'identità regionale. Se ci sono infatti dei luoghi dove si trovano di sicuro ed in abbondanza le radici storiche delle identità regionali e locali questi sono gli archivi degli oltre 1500 comuni lombardi. Ma i tempi sono cambiati. E anche il discorso su identità e radici sembra sempre meno interessante. Anche per gli stessi leghisti. Peccato!

lunedì 28 novembre 2016

Numero speciale del Grandevetro dedicato a Dino Carlesi presentato a Pisa.

Non c'entra niente col referendum, ma giovedi prossimo, 1 dicembre, a Pisa, presso la Biblioteca Provinciale, alle 16:30, in via Betti, presenteremo un numero speciale della rivista IL GRANDEVETRO, un numero dedicato alla poesia e, in questo ultimo contesto, alla poliedrica figura del poeta, pedagogista, intellettuale militante, socialista, Dino Carlesi.
Può sembrare un evento minore e forse lo è, anche per una città come Pisa, ma il pomeriggio che sarà introdotto da Ilario Luperini (critico d'arte e amico di Dino Carlesi, oltre che del Grandevetro) e da Aldo Bellani (per la redazione del Grandevetro) porta con sé diversi significati che esporrò sinteticamente.
Il primo riguarda la rivista Il Grandevetro. Una rivista militante, scritta, ma sarebbe meglio dire "fabbricata" da intellettuali militanti che ragionano contro corrente di cose contro corrente, come apparentemente sembra essere la poesia. Il Grandevetro, nato nel 1977 in terra di cuoio, è sopravvissuto a 40 anni di "riflusso" e continua a ragionare con la sua testa di un mondo che i redattori della rivista (giovani e vecchi che siano) continuano ostinatamente a voler cambiare, usando le loro armi preferite: la scrittura, la grafica, il disegno, la comunicazione. Più in generale: la cultura. Ma non fanno una rivista urlata, bensì ragionata. Onore al merito.
Il secondo elemento è il contenuto di questo numero della rivista. La poesia, con un inserto intero dedicato ad un "poeta minore", amico di Salvatore Quasimodo, che ha scritto molto e molto ha ragionato. Parlo del "pontederese" Dino Carlesi. Figura complicata da stringere in poche battute da sbattere su facebook. Dino è stato di sicuro un uomo colto. Un poeta, un insegnante, un direttore didattico, un pedagogista in grado di dialogare coi grandi della pedagogia italiana, un assessore comunale alla cultura, un intellettuale quando ancora questa parola in Italia si poteva pronunciare con simpatia. Come merita. Un socialista di ascendenza azionista. Le testimonianze ci offrono uno spaccato della sua figura. Ci ha lasciato, novantenne, 6 anni fa, il 30 novembre 2016. Perchè il 1 dicembre sarà quasi l'anniversario della sua morte. Ma per i molti pontederesi e pisani che l'hanno conosciuto il timbro della sua voce, la sua fragorosa e rumoreggiante risata e soprattutto la sua capacità di ragionare e farsi ascoltare resteranno impareggiabili.
C'è un terzo elemento da dire. E' la voglia di continuare a fare cultura ritrovandosi in uno spazio fisico, guardandosi negli occhi e ascoltando con le proprie orecchie le parole degli altri. Per dire la propria e per controbattere. Per portare il proprio contributo, quando se ne è capaci. Da qui l'idea di presentare il numero de Il Grandevetro a Pisa e di farlo in un luogo di resistenza e di resilienza culturale che è la Biblioteca Provinciale. Un luogo e un servizio che devono sopravvivere alla deriva delle Province e reinventarsi come servizio pubblico. E per farlo hanno bisogno di riflettere e di trovare la strada giusta, in un mondo caotico. Anche della biblioteca parleremo il 1 dicembre, perchè gli intellettuali hanno bisogno di luoghi in cui sentirsi a proprio agio. E le biblioteche sono o dovrebbero essere luoghi in cui, come suggerirebbe Platone, l'anima si sente a casa.

domenica 27 novembre 2016

Le panciate dei grillobullini
Sembra che ieri il padrone del primo non partito politico italiano che risponde al nome di Beppe Grillo abbia invitato i suoi non sostenitori e i suoi non militanti, che erano corsi in piccolo numero ad adorarlo, di non votare al referendum usando la testa, ma ascoltando i suggerimenti della pancia. Ovviamente la notizia è una non notizia in bocca al padrone di un non partito, diventato famoso e carismatico a colpi di battute e di vaffa day. Vale tuttavia la pena di segnare sul calendario la data di questo invito, perché di solito i leader politici anche quando fanno appello ai sentimenti dei loro non adepti, si sforzano sempre di proporre loro anche qualche argomento razionale, cosa che Grillo ieri ha evidentemente rinunciato a fare (per incapacità? Per sfizio? Per non perdere tempo? Boh, vallo a sapere).
Bandita la ragione dalla lotta politica, tutti i non argomenti diventano buoni.
La mossa era inevitabile perché più il grillobullismo avanza, più deve fare appello agli istinti corporali. Il grullobullismo non è infatti in grado di spiegare le sue non scelte che diventano sempre più numerose e sempre più irragionevoli. Può solo appellarsi alla pancia e ad una non ragione per vincere. Del resto tra Barabba e Gesù è risaputo che il popolo può scegliere Barabba.
Da ieri in poi il dialogo politico che i grullibullini hanno sempre praticato con grande parsimonia è ufficialmente concluso.
Chiunque vorrà trattare con loro dovrà fare a panciate.
Non sarà un bel sentire.

venerdì 25 novembre 2016

L'Opac di bibliolandia rimette insieme quasi il metaopac toscano
E' con viva e vibrante soddisfazione che vi annuncio che da stasera il nostro OPAC Bibliolandia lancia una ricerca in simultanea su 4 reti provinciali (Livorno, Bibliolandia, Reanet e Sdiaf) + il MOP e quindi l'area universitaria e scolastica pisana.
In sostanza il nostro Opac con un clic solo va a cercare se un titolo o un autore sono presenti in un catalogo che contiene circa 5 milioni di titoli. Niente male, soprattutto se si pensa che che si tratta in buona parte di record bibliografici fuori SBN.
Sì, confesso che mi fa piuttosto piacere darvi questa notizia.
L'insopportabile pesantezza della lingua grillobullina.
Siamo in un mondo ed in un Paese in cui tutti parlano e siccome questo genera tanto rumore, per farsi sentire e possibilmente per raccogliere qualche applauso, bisogna urlare e spararle grosse. Da qui frasi altisonanti, parole grosse, termini volgari, allusivi,  rozzi, parole che nessuno direbbe in casa, o userebbe con gli amci, coi genitori, in una festa di condominio, non diciamo in  chiesa, forse nemmeno al bar. Sono parole da stadio. Offensive, rozze, cattive, dure. Ma perché comunichiamo in questo modo? Semplicemente perché se uno parla con un tono normale non se lo fila nessuno. Per farsi ascoltare oggi bisogna accusare gli altri di essere in combutta col Male e gettare m... addosso all'avversario.. Meglio ancora, se si dice che gli altri sono il Male. Così se Renzi vuole rottamare le vecchia classe dirigente al potere, Grillo, nel nome di un moralismo senza macchia e senza paura, vuole spazzare via tutti, non vuole rottamare, vuol fare a pezzi il nemico e possibilmente mangiarselo. No, Grillo non vuole confrontarsi con nessuno. Niente compromessi, niente negoziati. Grillo vuole tutto il potere o nulla per i suoi grillobullones. Niente inciuci con le forze del Male. Tutto il potere ai grillobulloni per spazzare via tutto il marcio che c'è nella società. Chissà da dove sono venuti grillo e i suoi. Chissà da quali viscere immacolate sono usciti. Vergini incontaminate, naturalnente, in un mare di letame. Certo non sorprende la lingua grillobulla che spara parole di c....a contro il resto del mondo che non è grillino. Roba da psichiatria avanzata, se non fosse che ormai alle grida e agli al lupo al lupo siamo abituati da decenni. Per certi versi le frasi esagerate non bucano più neppure lo schermo o la radio. Ma fanno danni.  E di certo il grillobullismo crescerà. È la società rumorosa che abitiamo che ha bisogno di negazionisti urlatori in grado di separare i "buoni" (cioè loro), dai "cattivi e dannati" (cioè noi, destinatI natutalmente agli inferi). Spero solo che il signore ci protegga dagli sputazzi di Grillo e dai suoi grillobulloni.
Il voto referendario piaccia o non piaccia ha una doppia valenza
Oggi pomeriggio discutendo di referendum in un bar con una cara amica che probabilmente voterà no, concordavamo almeno su un fatto. Il voto referendario non può essere disgiunto dal giudizio sul governo. E' un voto binomio. Fatto della somma di due parti, entrambe con un proprio peso specifico. Per questo, al di la delle dichiarazioni retoriche, ognuno dovrà fare una doppia valutazione. Dovrà decidere se questa riforma costituzionale lo convince oppure no. Poi dovrà chiedersi se vuole mandare avanti questa esperienza di governo oppure no. Quindi dovrà combinare le due risposte e vedere che esito viene fuori. Se escono due si, votare sarà facile. Così come se compaiono due no. I guai si presentano per quelli che rispondono con un si e con un no. Molti uomini di destra e diversi grillini si trovano in questa situazione contrastata, mentre nel centrosinistra c'è più compattezza sia sul no che sul si. Penso quindi che sarà l'ItaIia di centrodestra a determinare l'esito del referendum, come hanno dimostrato le parole confuse e alla fine ritrattate di Berlusconi.

martedì 22 novembre 2016

La posizione di Camilleri sul referendum mi fa riflettere ma non cambiare idea
Anche il padre del commissario Montalbano si è schierato sul referendum. E lo ha fatto col suo stile efficace, fermo ed incisivo. Per lui il bicameralismo è importante. Quindi va mantenuto. Il Senato deve controllare la Camera. Ma a parte questa, altre obiezioni alla riforma non ne presenta. Il giudizio su Renzi invece è durissimo: una sentenza inappellabile o almeno così appare nell'intervista di ieri al corrierone (che ho letto sul sito on line di MicroMega).
Sono parole inequivocabili, che fanno riflettere. Per l'autorevolezza dell'uomo che le ha pronunciate. Per la simpatia e per l'affetto che Camilleri ispira.
Tuttavia anche le sue parole e la sua testimonianza vanno valutate nel merito.
Michele è una forza della natura
E solo lui poteva organizzare una mostra e uno strepitoso ciclo di eventi e di libri sull'alluvione di Pontedera come quello che ha preso avvio il 4 novembre. Oggi ha inaugurato e illustrato con infinita pazienza al Museo Piaggio la mostra fotografica, mentre sabato prossimo in biblioteca presenterà un libro enciclopedico sull'alluvione pontederese del '66 con oltre 150 immagini inedite che Michele  ha scovate in ogni dove. Ora siccome nessuno dice mai grazie a Michele per questo incredibile lavoro di setacciamento e conservazione delle fonti documentarie che lui fa, beh un bel GRAZIE voglio dirglielo io. Grazie Michele (e Valentina).

venerdì 11 novembre 2016

7 motivi per cui il No dei militanti pd al referendum è follia pura

1 Uomini e donne che hanno militato e militano in un partito non possono votare al referendum contro le indicazioni della stragrande maggioranza del proprio partito e dei propri gruppi parlamentari. Un uomo che è stato segretario di quello stesso partito non può battersi per far sconfiggere il proprio partito. Se lo fa, che politico è?
2 chi ha votato in parlamento per due volte a favore della riforma costituzionale non può organizzare la resistenza a ciò che ha da poco votato. La coerenza forse non è una virtù, ma neppure un optional.
3 i compagni non possono votare contro il loro primo ministro, senza dare la sensazione al paese che il loro leader, quello che ha vinto le primarie e conquistato legittimamente il partito ed altrettanto legittimamente è diventato primo ministro, con il voto anche dei loro parlamentari, sia una persona pericolosa per la democrazia, tanto pericoloso da volerlo vedere sconfitto e scaraventato nella polvere insieme al suo che poi è  anche il loro partito.
4 i compagni non possono aver creduto fideisticamente in gioventù nel centralismo democratico e ora scoprirsi improvvisamente libertari, eretici e individualisti.
5 i compagni non possono fare come hanno fatto a roma, ovvero buttare giù renzi come il sindaco marino, e poi pensare che gli italiani nel segreto delle prossime urne non se ne ricordino e buttino giù loro e tutto il loro partito.
6 ma davvero bisogna ricordare ai compagni che chi parla male del proprio convento non è un buon frate?
7 e infine i compagni sono così ansiosi di voler spalancare le porte di palazzo chigi a Grillo e a Di Majo? Per quale ragione?

mercoledì 9 novembre 2016

Trump o della resilienza
Donald mette a dura prova il concetto e soprattutto la pratica della resilienza. Eppure bisogna fare un bel respiro, contare fino a dieci, meditare sulla frase di Hegel che piaceva tanto anche a Marcuse e che diceva che tutto ciò che è reale è razionale, cacciare via certi cattivi pensieri che il Bobby Solo della politica americana fa lievitare anche nel più bendisposto degli uomini e.... cominciare a pensare a come trarre giovamento anche dall'elezione di Donald. Non sarà facile, ma ci dobbiamo sforzare. Del resto, a dirsela proprio tutta, il vero problema non è Donald, ma chi lo ha votato. Chi è? Cosa pensa? Che problemi ha?  E si parla di decine di milioni di persone della più popolosa e più longeva democrazia del pianeta. Vale la pena di riflettere bene prima di aprire bocca.

martedì 8 novembre 2016

Sempre sul referendum. In risposta alle annotazioni di Aldo e Dino.

Mi perdonerai Aldo se osservo che il tuo lungo post contiene un excursus sulla storia politica italiana degli ultimi 30 anni, ma ha poco a che fare con l'oggetto del mio post sintetico sul referendum. E anche la motivazione con cui hai deciso di votare no al referendum mi pare si muova più all'interno di un lungo percorso politico in cui il no è rivolto contro il premier e quella che te e Fiumalbi considerate una deriva politica più di quanto non sia ancorato agli elementi specifici riconducibili al referendum.
Da questo punto di vista il tuo testo Aldo (con le chiose di Dino) è difficilmente commentabile in un lasso ragionevole di frasi.
Ma siccome mi coinvolgete direttamente, non posso cavarmela con una battuta e quindi proverò a replicare accettando i tuoi parametri.
Parto da qui. La conquista di Renzi del pd non è un errore della storia, nè rappresenta la vittoria del male contro il bene. È solo una delle evoluzioni possibili dello scenario politico del paese.
Il pd è l'erede, ma con rincalzi e mutazioni, di alcune tradizioni politiche importanti, quella cattolica, quella comunista e quella socialista. O meglio di parti di queste tradizioni che hanno provato a fondersi a fine millennio nel pd e a modernizzarsi, mostrando comunque una certa vitalità. Renzi è la personalità politica che meglio interpreta oggi questa fusione, con pregi e difetti. Tenendo conto anche dei molti pregi e dei tanti difetti del paese e degli italiani. Non solo del suo ceto politico.
Ovvio che persone come te, come Dino e come tanti altri (me compreso) che hanno coltivato una visione messianica se non salvifica della politica si trovino un pò smarrite di fronte al presente e al miscelarsi delle tradizioni e al loro cambiare, e, per reazione, è quasi normale che si chiudano più facilmente, come ci suggerirebbe Montale, in un no. Solo questo possiamo dirti oggi, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Montale guarda nelle nostre anime e coglie il senso di smarrimento dell'uomo di fronte al mutare repentino del mondo. L'avvento della società liquida fa il resto.
Ma il bello della vecchiaia è anche quello di poter capire che il cambiamento è inevitabile e di saper accettare, almeno entro certi limiti, che le cose non siano andate come avevamo sperato da giovani e che come canta Cat Stevens è doloroso sopravvivre al tramonto delle nostre idee, ma dobbiamo saper accettare questa cosa. Di più: almeno io arrivo a dire che è quasi un bene che certe idee non si siano realizzate, perché ad esempio se anche noi avessimo "fatto come la russia", lo cantavamo a squarciagola, ve lo ricordate?, te lo immagini Aldo, te lo immagini Dino, in che condizioni psicologiche e materiali ci troveremmo oggi? Altro che Renzi. Insomma abbiamo avuto molta fortuna e non è stato merito nostro se certe idee non si sono realizzate.
Per questo credo che anche sul referendum non si debbano seguire pensieri messianici o salvifici. Renzi non mi sembra nè  Mussolini, né Berlusconi. E la complessa variazione costituzionale che è riuscito a far approvare non mi pare faccia danni al Paese. Ovviamente neppure se sarà respinta ci saranno particolari contraccolpi. Rimarremo in questa situazione e avanti popolo!


Ma tra rimanere fermi e provare a cambiare, io opto per la seconda opzione. Scelgo quello che mi pare il meno peggio per me e per gli altri. Tutto qui. Un abbraccio ad entrambi.
Anche a Pontedera abbiamo grandi personaggi
Credo che i pontederesi debbano essere grati a Mario Marianelli per la produzione di testi che sforna uno dietro l'altro con la velocità e la bravura di un Camilleri (supportato anche da quella straordinaria equipe editoriale costituita da Michele e Valentina). Perchè va detto che anche il primo volume dell'ultima fatica dell'infaticabile ultraottantenne è un piccolo capolavoro di proustiana nostalgia. C'entra poco con l'alluvione, ma racconta e illustra tutta una sfilza di pontederesi e di luoghi della pontederesità che è una goduria da leggere (almeno per un ultrasessantenne come me). Il libro riporta autentiche chicche, tra cui una frase che ho sentito diverse volte nella mia infanzia. La pronunciava Enrico "del Gobbo" (del Bar "del Gobbo") che era solito dire a chi entrava nel suo caffè: "Bah, vieni brodo!". Ma, come scrive Marianelli, il bar del gobbo era soprannominato anche il bar degli ignoranti e il saluto di Enrico agli avventori non era offensivo. Era una frase pontederesamente affettuosa scagliata dal barman per consentire all'avventore di capire subito dove fosse capitato. Grazie Mario. Grazie per aver conservato nella memoria scorci della Pontedera popolana e borghese che fu e per avere la forza, la voglia e la caparbietà per tirarla fuori e fissarla sulla carta a beneficio degli anziani di oggi e, spero, dei posteri. Aspetto in gloria (insieme a tanti altri pontederesi) anche i prossimi ponderosi volumi. Bravo!
PS. Un solo piccolo appunto per la parte maschile del tagetico duo editoriale: non si può pubblicare un libro così senza un adeguato indice dei nomi delle persone e dei luoghi citati. Né si possono aspettare gli indici analitici che sicuramente accompagneranno tra vent'anni il 15esimo volume di memorie di Mario. Credo che già dal volume secondo occorrerà provvedere con un adeguato apparato critico. Su certe cose si può peccare solo una volta.



giovedì 3 novembre 2016

Harry Potter e i trucchi di alcuni bibliotecari
Un ne voglio vedè più, avrebbe detto la mi povera nonna nata nel 1902. Da controlli rigorosi e lamentazioni di utenti lettori accaniti presso le nostre biblioteche, ho appreso che ci sono bibliotecari della Rete Bibliolandia che prestano a utenti/lettori loro amici o comunque domiciliati presso le loro biblioteche le copie dell'ultimo Harry Potter, infischiandosene se un lettore di un altro comune sempre aderente alla Rete Bibliolandia si è messo in coda prima del suo amico e avrebbe quindi il diritto di ricevere la copia prima dell'amico del bibliotecario.
Devo dire che la cosa non mi sorprende. Ma pur trattandosi di un peccato veniale (e di una scorrettezza nei confronti di utenti e di bibliotecari corretti), atteggiamenti del genere la dicono lunga su quel fenomeno che molti studiosi hanno rubricato, riferendosi proprio a noi italiani, sotto la voce di familismo amorale, a cui si accompagna un'atavica difficoltà a fare gioco di squadra. Qui non di parla di politici, di grandi appalti, di favori e grossi scandali. No, si parla di una certa tendenza tutta nostrana, profondamente popolare, a fare favori agli amici (anche quando non ci si guadagna nulla) e a muoversi in assoluta autonomia, fregandosene delle regole e della collaborazione, e sostanzialmente muovendosi come se quelli che stanno fuori delle porte della città non avessero gli stessi diritti di quelli che stanno dentro.
Ma persone che barano al gioco sulle code per leggere gratuitamente l'ultimo libro di "Harry Potter" ci si può immaginare cosa siano disposte a fare quando la posta in gioco diventi davvero ghiotta.

mercoledì 2 novembre 2016

Roberto Favilli, bibliotecario di Pontedera
Ho appreso con un certo ritardo della morte avvenuta a Pisa, dopo una breve malattia, di Roberto Favilli, bibliotecario di Pontedera e della Rete Bibliolandia, in pensione da pochi anni.
Roberto è stato uno dei bibliotecari che più hanno contribuito alla costruzione della Rete Bibliolandia. Ricordo che la Rete Bibliolandia si è appoggiata alla fine degli anni '90 su una rete più piccola che comprendeva alcune biblioteche della Valdera, di cui Favilli era il punto di riferimento.
Fino alla nascita dell'Unione Valdera (2008), Roberto si è occupato degli atti amministrativi della Rete, che in quel periodo passavano attraverso il Bilancio del comune di Pontedera (e i suoi uffici). E' stato lui a gestire, con pazienza certosina, le complicate e noiosissime, ma indispensabili, pratiche burocratiche che stavano e stanno dietro ai servizi che la rete eroga alle biblioteche (trasporto di libri, acquisto di libri, promozione della lettura, gestione del software, catalogazione).
Un apporto rilevante Roberto ha dato soprattutto nella gestione delle banche date CDS/ISIS che sono state il perno del precedente catalogo internet delle nostre biblioteche. Del resto Roberto maneggiava il software CDS/ISIS con una sua speciale abilità.
Con lui ricordo poi di aver combattuto due battaglie culturali importanti relative alla Rete: la prima è quella che portò alla nascita della Rete Bibliolandia che certi "amici pisani" non volevano né che nascesse né che avesse il baricentro tra Pontedera e San Miniato. Contro questi amici ingaggiammo anche un confronto aspro sull'uso di quel dinosauro informatico che era CDS/ISIS; un dinosauro che però oltre a funzionare benino (anche se non come altri software più blasonati) aveva il pregio (per noi importantissimo) di costare pochino e di dialogare comunque col MOP Pisano (mentre altri software pisani avevano costi... inarrivabili per le nostre povere tasche). Anche in questa battaglia culturale Roberto fu strategico. Una decina di anni dopo conquistammo insieme il secondo traguardo importante: quello che traghettò la Rete dal software CDS/ISIS al nuovo fantasmagorico Clavis, il software che ha enormemente potenziato i servizi catalografici della Rete. La gara per l'acquisto del software, con tutte le sue infinite procedure (capitolati, punteggi, costi, requisiti, ecc.) fu istruita anche da lui e la sua competenza (insieme al lavoro di analisi che aveva compiuto prima del 2011) fu preziosa per tutti.
Certo Favilli era un uomo schivo. Uno che non voleva apparire. A cui non piaceva rivendicare meriti. Un generoso a cui non interessavano le medaglie. Forse non apprezzerebbe affatto questo breve ricordo. Ma io ho sentito il bisogno di scriverlo. Per le persone che lo hanno conosciuto. E poi per tutti quelli che oggi utilizzano i servizi di Bibliolandia e magari pensano che sia stata una passeggiata arrivare fin qui. No, non è stato affatto facile; e se oggi i lettori della provincia di Pisa possono consultare sul pc o sullo smartphone il catalogo delle biblioteche che hanno sotto casa, navigando tra 2.000.000 di titoli, se con un clic possono prenotare un libro e farselo arrivare presso la biblioteca più comoda, questo è anche frutto del lavoro e dell'impegno di Roberto Favilli. E almeno a me fa piacere che questa cosa si sappia. Concludo dicendo che lui è stato anche per trent'anni e più uno dei punti di riferimento della biblioteca comunale di Pontedera. Ma questo è un altro pezzo della sua storia, una storia che dalla fine degli anni '90, come ha scritto anche Franco Neri, si è sempre di più intrecciata a quella della Rete (roberto cerri).

martedì 1 novembre 2016

Voterò Sì al referendum per 5 principali motivi:
1 la riforma non tocca i principi base della Costituzione, ma tenta di modificare, provando a semplificarlo, il gioco politico. Impresa non facile. Il no lascerebbe in piedi l'ingarbugliamento attuale. Nell'incertezza, meglio provare a cambiare.
2 Il testo che definisce la riforma è  un pò prolisso e macchinoso e porta con sé qualche incongruenza.  Inevitabile. È il frutto di negoziati e compromessi. Difficile fare meglio oggi. Chi promette altro, fa solo chiacchiere.
3 la riforma ridimensiona e specializza il Senato. È un risparmio piccolo e si poteva fare meglio. Può  darsi. Ma il si lascia aperta la speranza che nella prossima legislatura il Senato possa essere ancora migliorato. Dopo 70 anni dalla caduta del fascismo, dobbiamo pensarci come una democrazia matura e moderna. Non possiamo aver paura di ricadere in un regime. Il no vede l'Italia come una democrazia eternamente bambina, nutre sfiducia nelle radici democratiche del Paese e lascia in piedi un bicameralismo asimmetrico e caotico. È un atteggiamento da superare.
4 la riforma cancella le province e ridimensiona le Regioni. È un trend in atto che converrebbe completare. Rimanere fermi votando no, vorrebbe dire mantenere l'attuale incertezza tra province allo sbando e regioni in cerca di se stesse. Meglio procedere su una strada neocentralista, vederne i risultati e poi decidere. Magari anche tornando indietro. Fermarsi ora sarebbe come aspettare l 'ondata di piena in mezzo al guado.
5 il si rafforza Renzi e la sua maggioranza di centrosinistra con un pò di destra dentro. È  vero. Ma il no assomiglierebbe al ritorno degli yeti e rimetterebbe in gioco l'intera destra. La prima scelta mi pare esprima una soluzione migliore per il Paese. Almeno un pò.
Per approfondire il tutto mi sono letto con attenzione il volume di Emanuele Rossi, "Una costituzione migliore?" (Pisa University Press, 2016). È un testo critico rispetto alla riforma e devo dire che trovo convincenti molti degli appunti che Rossi fa. Ma tutto sommato Rossi non è riuscito a farmi cambiare idea. Anzi ha rafforzato il convincimento che sia opportuno andare avanti e guardare al futuro, pur tenendo conto delle ragioni del passato.

venerdì 21 ottobre 2016

La Svizzera. Storia di un popolo felice di Denis De Rougemont

Ci sono libri che allargano il nostro orizzonte. Credo che questo testo sulla storia della Svizzera e su certe sue tradizioni di un autore di cui non sapevo nulla fino a pochi giorni fa, abbia allargato i miei spazi mentali. Spero in meglio.
Credo che la Svizzera costituisce un esempio interessante di città e regioni che coltivano la propria indipendenza, autonomia, singolarità, in sostanza le proprie diversità. Eppure da almeno 500 anni tutto questo lo fanno partecipando ad un insieme di governi confederati e in un regime di pace e di non coinvolgimento nella sanguinose guerre europee. Ok, ok. Sono isolati dal resto dell'Europa da montagne altissime di cui in qualche forma sono prigionieri culturali. Ma al di là delle battute e degli stereotipi, la Svizzera costituisce un esempio interessante di città, paesi e province che stanno insieme coltivando le differenze e le specificità, parlando lingue diverse e bilanciando con grande equilibro ruoli e poteri.
Un libro da meditare.  
Monsieur Ibrahim e fiori del Corano di Eric-Emmanuel Schmitt (E/o edizioni)

Piccola importante lettura per tutti. Un testo che fa riflettere dolcemente sulle differenze e sull'ignoranza degli uomini, ma anche sulla loro forza e sulla capacità di crescere, riscattarsi, adattarsi al mondo con sensibilità. Una favola, certo, letta con gli occhi di una adulto. Ma molto di più se a leggerla è un ragazzo che ha voglia di capire. Si svolge a Parigi ed ha per protagonista un ragazzo ebreo che dopo la scomparsa della madre e la morte del padre decide di farsi adottare da un negoziante arabo o per meglio dire un musulmano sufi. Favola moderna molto intrigante. Consigliata per i ragazzi e ancora di più per gli adulti.
Don Milani, l'uomo del futuro

Libro complesso quello che ha costruito Eraldo Affinati (L'uomo del futuro, Milano, Mondadori, 2016). Il testo racconta, sotto forma di reportage giornalistico, non solo chi sia stato Don Lorenzo Milani, inseguendolo per i luoghi e le abitazioni della sua vita, ma anche cosa si dovrebbe fare oggi per seguire le orme di don Milani. Il libro si chiede anche chi siano oggi i nuovi poveri da sottoporre ad un ciclo scolastico intensivo e totalizzante come quello elaborato dal prete fiorentino e poi costruisce degli intermezzi di cui è protagonista lo stesso scrittore impegnato ad insegnare italiano agli extracomunitari in situazioni estreme. Ne esce un Don Milani insofferente alle gerarchie incluse quelle ecclesiastiche e un maestro di vita esigente e generoso, un pò come dovrebbero essere i maestri veri. Libro da meditare e da soffrire.

martedì 18 ottobre 2016

SBN dove va?

SBN resta uno strumento insufficiente per le biblioteche pubbliche. Qualche piccola proposta per migliorarlo

Volevo andare oggi a Firenze per i trent'anni di SBN, il Servizio Bibliotecario Nazionale, di fatto il catalogo elettronico che ci dovrebbe dire se un certo libro è presente o meno sul territorio nazionale e se c'è, dove si trova. Ero attirato dal titolo del convegno organizzato da varie Istituzioni (Regione Toscana in primis), che usa la parola "[ri]cominciare" e parla di "nuove prospettive".
Il lavoro quotidiano mi impedisce di andarci. Peccato!
Se fossi andato, avrei detto che SBN, nell'era di Internet e di Google, nonostante tutti i meriti, resta uno strumento insufficiente per le biblioteche pubbliche italiane.
Per due fondamentali ragioni:
- perchè sostanzialmente scoraggia le adesioni delle singole istituzioni al catalogo SBN;
- e perchè anche le adesioni delle Reti Documentarie ad SBN avvengono nell'impossibilità (concreta) di portarsi dietro i cataloghi elettronici che le Reti hanno accumulato nel tempo (l'alternativa è una migrazione costosissima e quindi irrealizzabile).
In questo modo SBN "ignora" (cioè esclude dal proprio catalogo) diversi milioni di record bibliografici già disponibili presso le singole biblioteche e le singole Reti.
Questo fa sì che oggi in Italia non abbia un catalogo elettronico centralizzato ed unico, presente in internet, ma non adeguato alle esigenze della ricerca bibliografica. Una ricerca che dovrebbe dire a qualunque bibliotecario o a qualunque generico utente che navighi in rete se un determinato libro c'è ed è reperibile nelle biblioteche italiane con una  certezza ragionevole. In realtà chi cerchi libri nelle biblioteche italiane, deve ancora moltiplicare le sue ricerche ed...... avere fortuna.
Ciò accade sostanzialmente perchè l'anarchico e squilibrato sistema bibliotecario italiano (che è un prodotto della storia di questo paese) non è, almeno in parte, compatibile con le rigide impostazioni di SBN.
La rigidità in una certa misura è comprensibile. Un SBN troppo "sporco" e anarchico forse farebbe ridere i puristi, che, almeno in questo caso, hanno avuto la meglio. Un vero SBN italiano, che riflettesse lo stato del sistema bibliotecario italiano, diventerebbe uno strumento poco coerente e con una marea di differenze. Ma almeno ci racconterebbe quasi tutto il nostro patrimonio librario disponibile on line. Cosa che ora non accade.
In realtà qualcosa del genere esisteva. L'aveva creato il CNR tramite il CILEA. Era noto come MAI o AZALAI. E fino a quando è rimasto in piedi  per diversi bibliotecari (per quello che ne so) era più facile trovare un libro su questo speciale METAOPAC AZALAIche su SBN.
Ora che AZALAI, nonostante le promesse, sembra defunto, andare a cercar libri su SBN è un esercizio obbligatorio, ma non sempre produttivo e con esiti certi. Almeno per i bibliotecari delle biblioteche pubbliche.
Mi auguro che nel convegno di Firenze vengano sollevati questi interrogativi.
Mi sembrano buoni spunti da cui partire per "migliorarsi". Anche se va detto che da soli non bastano.
Perchè poi ci vogliono risorse finanziarie, capacità di gestione e volontà politica per attuarli.
E qui.....
Serge Gruzinski, Abbiamo ancora bisogno della storia? Il senso del passato nel mondo globalizzato (Raffaello Cortina Editore, 2016).

Titolo ambizioso e contenuto (almeno ad una lettura rapida) che non riesce a rispondere in maniera soddisfacente alla domanda. Speravo in una riflessione che affrontasse i problemi della didattica della storia all'epoca della globalizzazione e motivasse non solo il bisogno di storia, ma trattasse anche operativamente il problema e tentasse una qualche (difficile?) risposta. Niente. La parte migliore del libro (come spesso accade) resta il titolo. Manca inoltre il confronto con una certe letteratura anglo-americana che sta affrontando la stessa tematica, ma con un approccio meno filosofico e astratto.

domenica 16 ottobre 2016

Inaugurato il busto a Giovanni Gronchi presso la Biblioteca di Pontedera

Poco fa, davanti a oltre un centinaio di persone, l'Associazione Nazionale dei Carabinieri Sezione di Pontedera, Paolo Morelli e il sindaco di Pontedera, Simone Millozzi, hanno inaugurato il busto del Presidente delle Repubblica, Giovanni Gronchi, realizzato con grande maestria dallo scultore Alessandro Caetani. Era presente anche il Presidente di Geofor che ha sostenuto l'opera. Tra i relatori ufficiali anche un giovane studente del Liceo Scientifico di Pontedera, Mirko Tamburini, che con poche parole ha tratteggiato la figura dello statista.
L'opera di Caetani è particolarmente intensa. Mostra Giovanni Gronchi impegnato ed attivo, ma con un volto familiare e affabile.
La collocazione del busto in biblioteca è particolarmente significativa e va ben oltre la celebrazione ed il ricordo del pontederese più noto degli ultimi secoli.
Infatti oltre a rappresentare la storia del '900 italiano, per molti giovani il Presidente Gronchi potrebbe essere un esempio e, perchè no?, stimolo negli studi e nel percorso di vita. Un percorso che lo condusse dal ginnasio di Pontedera alla Scuola Normale di Pisa, ai banchi del Parlamento a 32 anni, alla fondazione del PPI e poi alla presidenza della Camera dei Deputati nel 1948 e nel 1955 alla Presidenza della Repubblica. Non senza dimenticare la persecuzione fascista a cui risposte ingegnandosi a costruire una propria piccola azienda di vernici: lui che era laureato in lettere.
E' una interessante biografia quella di Gronchi che affonda le sue radici nello spirito di Pontedera e meriterebbe di essere conosciuta meglio. La speranza è che anche questa bella opera d'arte, di cui siamo grati ad Alessandro Caetani, ci aiuti a farlo.